I coniugi Zelensky su Vogue: tanta estetica per poca etica?
«Sorry Annie, your photos are amazing in general, but this campaign is not acceptable… Ukraine is not Star Wars; reality is not fiction». È uno dei tanti commenti che si trovano sotto il profilo Twitter di Annie Leibovitz, una delle fotografe americane più famose al mondo.
«Scusa Annie, le tue foto sono sempre sorprendenti ma questa volta la tua campagna è inaccettabile… L’Ucraina non è Star Wars, la realtà non è un film».
Nei mesi scorsi la grande fotografa americana è stata mandata a Kiev da Vogue America per realizzare una serie di scatti al presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky e alla moglie Olena Zelenska.
La recente pubblicazione digitale del suo lavoro sulla bibbia della moda a più di centocinquanta giorni dell’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina ha sollevato un vespaio. Molti ritengono «fuori luogo» che in tempo di guerra la coppia presidenziale posi per una rivista patinata come Vogue.
«Non dovrebbero aver tempo per queste cose, il loro Paese è stato invaso!» si legge qua e là sui social.
Leibovitz ha ritratto la first lady all’interno dell’ufficio presidenziale, vestita con un top bianco e pantaloni neri.
In altri scatti, la si vede avvolta in un lungo mantello scuro fra le macerie del Paese con alcune soldatesse che posano in tenuta militare.
Nella foto abbracciata al marito, Olena porta un dolcevita e un paio di pantaloni neri, in contrasto con il verde militare a cui il premier ucraino ci ha ormai abituati dall’inizio della guerra.
A Rachel Donadio, la giornalista che firma l’articolo di Vogue, i coniugi Zelensky si raccontano a trecentosessanta gradi. Lei parla del suo rapporto con il marito. Della guerra. Del dolore provocato dalle bombe russe sulla popolazione ucraina.
Racconta anche di un progetto di cui lei è alla guida e che ha l’obiettivo di salvaguardare la salute mentale nella nazione.
Ma se l’articolo parla di guerra e della ferrea volontà dei due Zelensky di resistere, le foto mostrano una coppia glamour.
Il «volto del coraggio», come titola Vogue, sembra quello di una modella della upper class americana, non certo quello di una partigiana della resistenza ucraina.
«In questo servizio Olena Zelenska indossa le creazioni di brand ucraini come Better, Six, Hvoya, The Coat, Kachorovska, e Poustovit», si legge sulle didascalie che accompagnano le fotografie dei coniugi Zelensky.
Addobata con trucco e parucco, la coppia presidenziale vorrebbe comunicarci che sta vivendo un dramma.
Ecco perché alcuni accusano la Leibovitz, la quale è stata anche reporter di guerra, di aver messo in scena una fiction come Star Wars, invece di mostrare lo scempio del conflitto. Troppa estetica, poca etica, insomma.
Ed è forse questo il punto di rottura con il nostro immaginario collettivo. Finora nessuno aveva fatto combaciare le leggi della moda con la crudeltà delle macerie.
Non è la prima volta che la Leibovitz intercetta le nuove visioni del mondo.
Nel 2007 ritrasse Mikhail Gorbaciov, l'ultimo presidente dell'Unione Sovietica, all’interno di un’auto che sfilava davanti a ciò che rimaneva del Muro di Berlino, pubblicizzando una borsa Louis Vuitton.
Nel 1991 immortalò Demi Moore nuda e incinta per Vanity Fair. La copertina fece talmente scalpore che la rivista venne ritirata dagli scaffali dei rivenditori più conservatori.
A Sarajevo fotografò una bicicletta di un ragazzo che aveva appena visto morire. La foto in bianco e nero non mostrava il rosso del sangue schizzato sull’asfalto. C’erano soltanto la bici a terra una grande macchia nera e la palese assenza di qualcuno. Questo scatto fece storia.
E per una guerra scoppiata nel ventunesimo secolo? Quale è la giusta narrazione di un conflitto in un mondo dove ognuno cura il suo profilo social, anche sotto le bombe? Ancora una volta Leibovitz ha scelto il racconto inusuale, accostando l’estetica al sangue delle macerie.
Del resto – come ricorda il sito Artribune – il profilo Instagram della stessa Olena Zelenska è curato in ogni suo dettaglio, con immagini di qualità, accuratamente selezionate, contenuti ad hoc che narrano il lato privato e pubblico della first lady di un Paese invaso.
È la guerra, bellezza. Quella del ventunesimo secolo.