I gilet gialli e la “gauche kérosène”

Ferruccio de Bortoli
Ferruccio de Bortoli
27.11.2018 05:55

Di Ferruccio De Bortoli - La protesta popolare francese dei gilets jaunes, dei giubbotti gialli, non è ascrivibile solo alle rivolte fiscali di cui è ricca la storia economica. Una volta c'era la «guerra delle farine». Nel 1775 la scarsità dei raccolti e la liberalizzazione della vendita provocarono un aumento dei prezzi che scatenò la reazione dei più poveri contro il re Luigi XVI. Nel 2018 c'è la benzina, il consumo popolare per eccellenza, il cui prezzo dovrebbe aumentare dal prossimo primo gennaio. E oggi come allora il risentimento popolare colpisce il vertice del potere: il monarca repubblicano Emmanuel Macron. Sembrerebbe non essere cambiato nulla, dunque, se non nella straordinaria facilità con cui la Rete consente l'organizzazione spontanea di movimenti di massa. Invece c'è qualcosa in più. È stata l'eruzione di un sentimento diffuso e contrario al politicamente corretto. A lungo evidentemente represso e incompreso. L'idea di usare la leva fiscale, anche per scoraggiare i consumi dei carburanti più inquinanti, risponde all'esigenza di attuare politiche di sviluppo sostenibili. Dovrebbe piacere ai verdi, ai tanti comitati cittadini che reclamano giustamente per l'aria poco pulita, ai ciclisti, alle famiglie attente alla qualità dell'ambiente. Al contrario, l'annuncio da parte dell'Esecutivo guidato da Edouard Philippe – che ha dato seguito a decisioni del precedente Esecutivo – di voler rincarare dal primo gennaio 2019 la benzina di 2,9 centesimi e il diesel di 6,5, ha esasperato gli animi soprattutto della «France d'en bas». Un ceto medio e popolare impoverito ed estromesso dai centri storici per il caro affitti, costretto a lunghi tragitti per raggiungere i posti di lavoro, si è ribellato a quella che considera una tassa sulla mobilità. Sulla mobilità di chi ha meno. Un aggravio fiscale sulle spalle di chi fatica ogni mese a tenere il proprio bilancio familiare in equilibrio. E non può permettersi un'auto nuova e tantomeno una elettrica dal costo irraggiungibile. Insomma, la sensibilità per l'inquinamento provocato dalle auto, è apparsa ai 300 mila francesi che hanno dato vita nel primo giorno della protesta a 2000 blocchi stradali, un lusso. Un valore voluttuario che la contingenza quotidiana costringe ad accantonare. Le priorità sono altre. La solidarietà nei confronti degli emarginati e degli immigrati è facile da invocare quando non si vive in periferie o quartieri multietnici nei quali ci si sente ormai estranei. Le regole a tutela dell'ambiente sono generalmente apprezzabili. Ma quando la priorità è il lavoro e il reddito non cresce, la transizione a forme più pulite di energia diventa secondaria. Non solo: assume i contorni di una condizione culturale, politicamente corretta, che solo i ceti più abbienti possono abbracciare. Il ministro per l'ecologia, François de Rugy, ha detto a «Le Parisien»: «Bisogna uscire dalla trappola delle auto, del petrolio e del diesel». Ma molti dei suoi cittadini vorrebbero uscire semplicemente dalla trappola di una condizione di disagio personale e familiare e detestano quella che il filosofo Jean-Claude Michéa ha definito la «gauche kérosène». Tutto questo rancore non giustifica ovviamente le scene di violenza che si sono ripetute sabato scorso sugli Champs Elysées con centinaia di casseurs infiltrati pronti a spaccare tutto. Né l'ambiguità politica del Rassemblement National di Marine Le Pen o le dichiarazioni tartufesche di Jean-Luc Mélenchon di La France Insoumise. Entrambi i leader dell'opposizione hanno tentato di intestarsi la protesta. Macron ovviamente non può cedere alla piazza, dovrà però decidere come modulare i provvedimenti sul mercato dell'energia. Luigi XVI cedette ma poi le cose andarono piuttosto male. Non dovrà mancare un'analisi approfondita sulle ragioni del malessere, sul perché non siano serviti mesi di consultazioni con i corpi intermedi. E soprattutto su quanto sia diventata sottile la soglia che separa il disagio e l'acredine per un provvedimento sgradito, dall'esplodere incontrastato della violenza in strada. I gilets jaunes non ce l'hanno con l'Unione europea. Sono perlopiù persone di mezza età che non si rassegnano alla perdita di un benessere che ritenevano acquisito. Ex baby boomers che soffrono l'esclusione da un mondo digitale tanto affascinante quanto infido ma aderiscono agli appelli che la Rete rende virali. Una delle tante contraddizioni. P. S. La benzina in Francia è più a buon mercato che in Italia. In media dieci centesimi in meno. Il leader della Lega Salvini aveva promesso di ridurre in campagna elettorale le accise, il livello della tassazione, sui carburanti. Ma poi non se n'è fatto nulla. E i Cinque Stelle avevano messo i sussidi agli autotrasportatori per la spesa in gasolio tra le misure da tagliare per ragioni ecologiche. E poi ci hanno ripensato. Ma non per saggezza o perché avessero previsto quello che sarebbe successo in Francia.

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