I granatieri, le bufale e la realtà

Giovanni Galli
21.04.2016 06:00

di GIOVANNI GALLI -  «Granatieri carristi alla frontiera» era il titolo che la settimana scorsa campeggiava sulla seconda pagina del Blick dedicata al tema dei profughi. Il tutto accompagnato dalla foto di un milite in assetto da combattimento durante un'esercitazione. Per quanto sensazionalistico, il titolo era formalmente corretto, perché fra le quattro unità che hanno dovuto modificare la data del corso di ripetizione della prossima estate in vista di un'eventuale impiego sussidiario c'è anche il battaglione carri 18, che conta due compagnie di granatieri carristi (in italiano si chiamano così, anche se il termine tedesco di «Panzergrenadier» fa sicuramente più effetto). Ma in realtà veicolava un'immagine totalmente fuorviante, perché l'ultima cosa che faranno i militari, sempre che vengano chiamati in causa, è presentarsi ai confini col fucile spianato e i blindati. Le facili schematizzazioni mediatiche, con il ricorso alla locuzione corriva «schierare l'esercito alle frontiere», servono forse a fare cassetta nelle edicole e sui siti, ma non rendono un servizio ad un'informazione corretta. Con un duplice effetto. Il primo è che si veicola una notizia sbagliata, viepiù storpiata con il classico effetto valanga: di passaggio in passaggio, da una piccola stupidaggine ne nasce una sempre più grossa. Il secondo è che questa immagine contribuisce ad investire il ruolo dei militari di aspettative tanto esagerate quanto infondate. Tanto in Svizzera, quanto all'estero.

La sparata del Blick è stata ripresa dall'austriaca Kronen Zeitung, che ci ha aggiunto del suo, pubblicando la foto di un carro armato accanto ad una fila di militari con il titolo: «A causa del Brennero: la Svizzera vuole piazzare i panzer alla frontiera con l'Italia». Nella trappola è caduto martedì anche il sito de Il Giornale, ispirato da quello austriaco: «"Carri armati al confine con l'Italia". Messi in allerta 2 mila soldati e mezzi pesanti». In mezzo all'articolo, la foto di un Leopard in azione. A onor del vero, sulla versione cartacea di ieri il tiro è stato corretto parecchio, ma questo non ha impedito al governatore della Lombardia Roberto Maroni – quindi non proprio l'ultimo arrivato – di affermare in pubblico che «Al confine con la Lombardia, la Svizzera per fronteggiare l'invasione degli immigrati, schiera i carri armati».

La realtà però è completamente diversa. Finora il Consiglio federale si è limitato ad assegnare al Dipartimento della Difesa incarichi precauzionali, nel senso di adottare le misure necessarie per sostenere «all'occorrenza» le autorità civili, in particolare le guardie di confine. La necessità di un intervento, in questo momento, non viene ravvisata. L'esercito, stando al piano d'emergenza concordato con Confederazione e Cantoni, interverrebbe solo in due casi: nell'eventualità di un massiccio afflusso di profughi (più di 30 mila) in pochi giorni o se ci fosse una minaccia terroristica di notevole portata. Scenari che finora non si sono mai verificati, nemmeno ai tempi della crisi nella ex Jugoslavia. In fasi diverse vennero usate le guardie dei forti a supporto delle guardie di confine e alcune unità territoriali (ora cancellate) nella gestione di alcuni centri per rifugiati.

Precauzionalmente sono state modificate le date dei corsi di ripetizione di quattro battaglioni, così da poter disporre in estate di almeno duemila militari da mobilitare per servizi d'appoggio. Spetta in primo luogo alle guardie di confine e alla polizia intervenire. Se non bastassero verrebbe chiamata in causa, su richiesta delle guardie di confine, la sicurezza militare (militi professionisti). La milizia interverrebbe solo in terza istanza, se i corpi civili e militari non ce la facessero da soli a gestire la situazione. È a questo livello che la missione e i mezzi a disposizione della truppa devono ancora essere definiti chiaramente. Finora si parla solo di eventuali interventi di sostegno a livello sanitario, logistico e di trasporti, unitamente alla protezione delle ambasciate per consentire alla sicurezza militare di appoggiare le guardie di confine.

Il nodo a questo punto è solo politico. Il Consiglio federale resta estremamente cauto e ribadisce che la truppa può essere impiegata solo per compiti per i quali è stata istruita ed equipaggiata in modo adeguato. L'UDC invece chiede un approccio più «muscoloso» e dissuasivo, ritenendo che l'esercito debba essere inviato alle frontiere per bloccare chi vuole entrare illegalmente in Svizzera pur provenendo da un Paese sicuro e per combattere i passatori. Il problema, a quanto sembra, è che i primi a dubitare dell'idoneità dell'esercito a svolgere un compito del genere sono proprio i due consiglieri federali UDC.