I mercati al tempo dei dazi

La guerra dei dazi voluta dal presidente USA Trump è un errore, un danno per le economie e per i mercati. L’Europa, fatta dall’UE ma non solo, non è spacciata come da molti affermato, ha difficoltà ma ha anche possibilità di rilancio. Sono due punti di rilievo, che da queste colonne abbiamo più volte sottolineato anche in passato e che i fatti ora stanno confermando. Ciò detto, il quadro va analizzato con equilibrio, senza arrivare al catastrofismo più assoluto sulle conseguenze della linea pur negativa di Trump e senza esagerare sulla caduta economica degli USA. Il quadro economico internazionale nel complesso rimane per ora di rallentamento e non di recessione. Chiaro, il clima di guerre commerciali alimentato da Trump, con in più il caos provocato da dazi prima dichiarati e poi sospesi, rischia di accrescere il rallentamento. Alle tensioni geopolitiche internazionali, e ai conflitti bellici non ancora superati, si aggiunge il fardello dei dazi USA e delle risposte, con dazi contrapposti, delle aree economiche colpite. Se si continuerà così, i commerci mondiali saranno frenati e lo stesso dicasi per la crescita economica. Visto che nuovi dazi portano quasi sempre ad aumenti dei prezzi, c’è anche il rischio concreto di una risalita dell’inflazione, con ogni probabilità non ai picchi del 2022-23 ma forse in molti Paesi a livelli superiori ai minimi del 2024. Tutto ciò colpirà anche gli Stati Uniti, che vogliono i nuovi dazi, e questo è uno dei maggiori paradossi di questo tempo. Di qui però a dire che gli USA andranno certamente in recessione, ancora ne passa. Vedremo come si svilupperà la situazione, per ora lo scenario più probabile resta quello di un rallentamento americano, il che sarebbe un chiaro danno considerando le dimensioni degli USA, ma non sarebbe un crollo e non porterebbe necessariamente a una recessione internazionale. L’Europa – comprendendo l’Unione europea ma anche il Regno Unito, la Svizzera, altri Paesi – dal canto suo ha avuto in questi anni una crescita economica inferiore a quella degli USA e sta ora cercando di acquisire un passo più sostenuto. La guerra USA dei dazi coinvolge tutte le aree e anche l’Europa, dunque anche il Vecchio continente ne risentirà e avrà la sua dose di rallentamento. C’è però anche da dire che in Europa ora si sta tentando forse più che in passato di allargare gli investimenti sia privati sia pubblici, per mantenere e sviluppare un tessuto di industrie e servizi che ha le sue carenze ma che rimane uno dei principali. I settori sotto i riflettori sono molti e tra questi ci sono ora anche quello delle infrastrutture e quello, è triste dirlo ma è inevitabile visto il quadro attuale, della Difesa e dunque pure degli armamenti. La Germania, che è tra i pochi Paesi ad avere una recessione, causata nel suo caso soprattutto dalle spaccature geopolitiche con Russia e Cina, intende attuare un piano straordinario per il rilancio. Se oggi può avere risorse per fare ciò, occorre ricordarlo, è anche grazie al fatto che in passato ha contenuto il suo debito pubblico.
La linea di Trump sta portando anche a una maggiore volatilità dei mercati finanziari. Anche qui, bisogna stare attenti a teorizzare un crollo prolungato delle Borse, che in realtà hanno mostrato una grande resilienza e grazie alla tenuta dei risultati di molte imprese quotate hanno raggiunto livelli molto elevati, nonostante il peso delle tensioni geopolitiche. Certo, le oscillazioni di queste settimane, con ribassi che hanno toccato molte piazze ma soprattutto la Borsa USA (che aveva corso parecchio in precedenza e che ora risente più di altre dell’effetto Trump), confermano che le incertezze provocate dalle guerre commerciali e dal permanere di forti contrasti geopolitici non piacciono ai mercati. Non casualmente, ogni volta che ci sono spiragli sulle une o sugli altri le Borse migliorano. La realtà resta molto chiara: le cose potrebbero andare ben meglio se non ci fossero guerre dei dazi e tensioni geopolitiche acute.