Pensieri dal battellino

Il futuro nel passato

L'apparizione umanamente tragica di Silvio Berlusconi dall’ospedale San Raffaele è il tentativo nostalgico di appigliarsi ai simboli del passato in mezzo al vuoto del presente
Bruno Costantini
13.05.2023 06:00

Lo scorso sabato, trasportato il Barbera fatto col mulo in diverse località anche oltre il ponte-diga di Melide, abbiamo fermato il battellino in mezzo al golfo di Lugano perché Asia voleva prendere il sole e godersi in diretta sull’iPad la cerimonia di incoronazione di re Carlo III bevendosi un cocktail con gin e Dubonnet. A me la cosa ha stufato abbastanza in fretta e ho provato tanta solidarietà verso il principino Louis messosi a sbadigliare nel bel mezzo della gran festa del nonno, quasi settantacinquenne, finalmente monarca. La mia amica microinfluencer del lago ha cercato di resistere perché voleva scoprire se anche di Carlo III, come fu per Elisabetta II, vi siano delle statuette di plastica con la manina che saluta mossa da energia solare. All’unanimità dei presenti (cioè io e Asia, un po’ come quando il leader giornichese del movimento Dignità ai pensionati Donatello Poggi si esprime al plurale, probabilmente intendendo Donatello e Poggi) si è deciso di girare il quesito ad Antonio Caprarica che dalle confacenti regali pendici del Brè sopra Lugano tiene d’occhio il casato dei Windsor. Nello sterminato trash dei souvenir sulla famiglia reale vedrà qualche manina far ciao ciao da Buckingham Palace? Il trash, ma di tutt’altro genere, in contemporanea lo scorso sabato è arrivato da Milano. Mentre la mia amica era ancora incollata alle immagini da Londra sorseggiando con distratto gesto radical-chic il secondo gin con Dubonnet, sono incappato nel video dall’ospedale San Raffaele mandato da Silvio Berlusconi al raduno di Forza Italia, replicato ieri. Un’apparizione umanamente tragica, un incrudelimento iconico su un uomo sfatto, una sorta di pornografia della decadenza di fronte alla quale anche i più acerrimi nemici del Cavaliere ottantaseienne devono essere rimasti atterriti. Berlusconi ha creato un impero mediatico, è sempre stato circondato da abili esperti della comunicazione pubblicitaria e lui stesso è stato un fantasioso istrione nel confezionare i suoi messaggi politici; oggi, i suoi consiglieri e reggicoda, quelli che avevano inventato e cantato un’adulante scempiaggine da fissare nell’immaginario collettivo come «Meno male che Silvio c’è», il loro Silvio non l’hanno fatto risorgere, ma hanno anzi reso ancora più triste il viale del tramonto da Gloria Swanson. È il tentativo nostalgico di appigliarsi ai simboli del passato in mezzo al vuoto del presente. A volte bisogna ammettere che l’operazione può anche essere utile. Per esempio, l’altra sera alla riunione del comitato dei liberali che avrebbe dovuto essere catartico per elaborare il pessimo risultato alle recenti elezioni, la voce più lucida e sferzante è stata quella dell’ex presidente cantonale e federale del partito Fulvio Pelli, il mitico Uomo del Monte, influente ma non infallibile, di una stagione in cui il PLR era ancora sulla scena da primattore nonostante le lotte intestine. Asia ha passato mezzora a smanettare nervosamente sullo smartphone per scoprire chi è Pelli (con tutti i Pelli che ci sono in Ticino ci si può confondere), per poi arrivare alla conclusione che è un matusa e che ha quasi il doppio degli anni dell’attuale presidente Spez stellato (nel senso gourmet). Qui sta il paradosso e la debolezza del fu partitone: deve guardare al futuro cantando «meno male che Fulvio c’è». E in questo caso non è un’adulante scempiaggine.