Il commento

Il modo di negoziare dell'UE

Bruxelles agisce ed ha atteggiamenti del tutto legittimi dal punto di vista della sua struttura, ma che la rendono difficilmente compatibile con la Svizzera ed il suo funzionamento istituzionale
Tito Tettamanti
Tito Tettamanti
29.11.2024 06:00

Le negoziazioni, sia tra enti pubblici quanto tra privati, sono sempre scontri d’interesse, spesso duri ed accesi. Ciò che mi disturba nell’atteggiamento da parte dell’UE è il ricorrere continuo alla ritorsione per imporre le proprie richieste. Se non aderisci ai miei desideri vedrò come penalizzarti altrimenti. Prendiamo ad esempio l’accordo tra l’UE e la Svizzera sullo scambio automatico di informazioni in materia fiscale. Di questi giorni l’UE avanza una richiesta, non prevista nell’accordo in atto, e cioè che la Svizzera assista gli Stati dell’UE nell’incasso delle pretese fiscali nei confronti dei loro cittadini residenti da noi. Abbiamo risposto negativamente non vedendo perché noi si debba fare l’ufficio incassi. I burocrati di Bruxelles, indispettiti, annunciano immediatamente ritorsioni e minacciano di annullare la giustificata esenzione fiscale oggi in atto relativa ai versamenti interni nell’ambito di grandi società svizzere (dividendi, interessi e diritti di licenza) ricevuti dalle filiali localizzate nell’UE. Mi fermo qui, la materia essendo tecnicamente complessa, limitandomi a riportare che i dividendi pagati da società del gruppo situate nell’UE alle diverse sedi svizzere superano annualmente i 30 miliardi di franchi e di conseguenza la ripicca dell’UE imporrebbe alla nostra economia un onere annuo stimato in 400 milioni di franchi. L’arroganza di tale atteggiamento dovrebbe metterci in allarme. L’UE è autoritaria nelle negoziazioni e vendicativa quando non aderiamo alle richieste (vedi Borsa valori di Zurigo e Horizon). L’allarme è di particolare significato se pensiamo alle trattative oggi in corso e relative all’eventuale Accordo Istituzionale II. Non è pertanto fuori luogo ipotizzare che l’atteggiamento autoritario e il ricorso alla ritorsione quale metodo non cambieranno certo da parte dell’UE nel corso dell’applicazione di accordi che dovessero venir raggiunti. Oltretutto Bruxelles ci fa sapere che la conclusione dell’accordo in discussione non basta, la Svizzera dovrà pure pagare un pedaggio annuo, l’ammontare del quale è ancora sconosciuto, ma che fonti accreditate indicano in 400 milioni, per il diritto di commerciare con l’UE (accesso al Mercato comune). Le negoziazioni possono anche essere dure nella difesa dei reciproci interessi, ma il ricorso alla ritorsione non è foriero di rapporti corretti e men che meno nel limite del possibile, armoniosi. Stupisce inoltre come noi in Svizzera si sia poco informati e sembra poco interessati sul come funzioni ed operi la controparte, l’UE.

Bruxelles agisce ed ha atteggiamenti del tutto legittimi dal punto di vista della sua struttura, ma che la rendono difficilmente compatibile con la Svizzera ed il suo funzionamento istituzionale. Basti osservare come negli ultimi anni le funzioni della Commissione siano aumentate, con corrispondenti aumenti della discrezionalità politica e ciò senza alcuna modifica di Trattati. Il tutto è avvenuto non tramite l’attività legislativa, ma utilizzando complessi procedimenti amministrativi che hanno rilevanza costituzionale. Esempio classico la «Next generation EU» che partendo inizialmente dalla risposta alla pandemia Covid-19 è oggi un’iniziativa politica per l’avvio di politiche pubbliche nazionali negoziate in cambio di finanziamenti. L’intenzione: indirizzare secondo il volere della Commissione, tramite investimenti pubblici, l’economia dei Paesi europei. Ci si giustifica in base all’art. 122 del Trattato ma in sostanza i fondi vengono prevalentemente stanziati sulla base dell’art. 175 e i criteri di allocazione sono la neutralità climatica, la digitalizzazione e la coesione sociale. Il tutto ha poco a vedere con l’emergenza sanitaria dalla quale si è partiti ma è tipico del modo di procedere per allargare i poteri della burocrazia dell’UE. L’erogazione dei finanziamenti passa sì formalmente tramite i piani nazionali, ma i singoli governi hanno una funzione puramente organizzativa ed esecutiva. Infatti è la Commissione che autorizza e può anche sospendere la disposizione dei fondi. La materia è complicata e l’UE è una struttura estremamente burocratizzata con un sostanziale sempre maggior accentramento dei poteri negli amministratori di Bruxelles che hanno l’arma vincente: tengono i cordoni della borsa con i soldi. Ognuno a casa propria fa ciò che vuole e più conviene. Ma un giudizio equilibrato sui risultati delle politiche dell’UE negli scorsi decenni non può che preoccupare. Il rapporto Draghi ne è la conferma. Molte le parole (non dimentichiamo che nel 2000, Presidente della Commissione di allora il portoghese Barroso, a Lisbona l’UE dichiarò di voler diventare nel giro di un decennio la prima potenza mondiale economica e tecnologica) disastrosi per contro i fatti. Un’UE che ha pesantemente perso colpi economicamente, è in ritardo tecnologicamente, non esiste sul piano militare. Lo dico con molto dispiacere perché sono europeo e ne risento quale svizzero. Però questa è la realtà. I confronti risultanti dalle analisi effettuate dai promotori dell’iniziativa Bussola mettono in evidenza l’abisso esistente tra la situazione economica della Svizzera e quella dell’UE. Il tutto dovrebbe farci capire che al di là degli interessi di bottega di qualche nostro concittadino o delle multinazionali, c’è in ballo la difesa di un sistema, il nostro, che funziona. Vediamo di non comprometterlo.