Il muro al Brennero, pugno nello stomaco dell'UE

IL COMMENTO
In un mese passano un milione di veicoli attraverso il Brennero, si teme che i controlli di polizia possano creare il caos stradale.
Andrea Colandrea
18.04.2016 06:00

di ANDREA COLANDREA - Non sapremo mai, con certezza, quanto le imminenti elezioni presidenziali austriache previste il prossimo 24 aprile, possano aver influito nella scelta di Vienna di decidere anzitempo, con convinzione, la costruzione di una recinzione metallica di 250 metri che ne sigilli il confine con l'Italia al Brennero, sollevando un polverone internazionale. È  però un fatto sicuro, che l'Austria non è più disposta a tollerare sul proprio territorio ondate di migranti – bisognosi, perché vittime di guerre, o in fuga per ragioni più economiche - che decidano di indirizzarsi verso questa o quella nazione europea. Quasi si trattasse di un menù "à la carte" da scegliere in base ai propri desiderata, fungendo da accondiscendente area di sosta (con il rischio non tanto recondito di assistere sul proprio suolo alla creazione di una nuova Calais), in violazione di consolidate regole internazionali fissate negli stessi statuti di Schengen.

L'apertura ai rifugiati continuerà ad essere garantita, è stato rimarcato a scanso di equivoci dal Governo federale, dopo l'annuncio del progetto di reticolo preconizzato tra le polemiche, da parte del ministro della Difesa, il socialista Hans Peter Doskozil. L'Austria, cioè, continuerà ad accogliere profughi nel bisogno, ma nel rispetto di un tetto massimo di arrivi fissato, quest'anno, in 37.500 unità. Non di più. Rigore tedesco. Anzi, austriaco. Dal primo giugno scatteranno i controlli di polizia, che piaccia o no a Bruxelles e a Roma. I lavori di allestimento dell'apposita area di frontiera sono già iniziati, nelle prossime settimane sarà posata in loco una tettoia e sarà creata una piazzola di sosta per permettere i controlli dei veicoli e delle persone in transito.

Nel Tirolo, lo abbiamo constatato recandoci sul posto, in questi giorni non si parla d'altro e si è fatto soprattutto largo il timore che il Paese possa diventare l'imbuto di transito dei  migranti diretti in Germania, che sono già sbarcati in questi giorni, a migliaia, sulle coste italiane, e che con l'estate – ancora più numerosi - potrebbero spingersi fino ai confini di Stato per cercare di crearsi un valico attraverso la Germania proprio in Tirolo, ora che la rotta balcanica è stata interrotta a suon di muri e di sprangate tra Grecia e Macedonia.

Se Vienna, intanto, nell'ambito del dibattito sull'accoglimento dei rifugiati, proprio tramite la sua visione di un giro di vite temporaneo a Schengen, ha già scosso le mura della Commissione europea in base all'assunto che la difesa dei propri confini non solo è un diritto, ma addirittura un dovere di sicurezza interna, l'Italia denuncia fin d'ora la violazione dei trattati stipulati qualora la barriera metallica dovesse effettivamente essere costruita, a breve termine, tra il Tirolo e l'Alto Adige.

Ma al di là degli effetti pesanti che ne potrebbero derivare nelle aree di confine (e che ci vengono illustrati dal sindaco di Brennero Franz Kompatscher, che abbiamo incontrato nel suo ufficio a Colle Isarco-vedi pagina 2), è soprattutto sul fronte politico che la scelta di Vienna avrà ripercussioni dirette sugli indirizzi dell'UE in materia d'asilo. Una UE che appare sempre più inerme nei confronti del fenomeno dell'immigrazione di massa e sul modo di affrontarla al meglio, partendo dalla collaborazione degli Stati che la compongono.

Un conto è però incassare posizioni contrarie agli "ordini di scuderia" impartiti da Jean-Claude Juncker e dai suoi colleghi al vertice delle istituzioni europee da parte delle nazioni del trattato di Visegrad, con in testa Budapest e il suo premier Victor Orban, per quanto siano tutti Paesi membri dell'UE. Un altro, è che a quel gruppo di disobbedienti si unisca ora una grande democrazia occidentale come l'Austria, con un peso politico, per questo, ancora maggiore. Ma c'è di più. Nelle scorse ore spicca che altre personalità politiche di un fronte moderato, e non certamente appartenente alla destra populista, si sia unito nell'area tedescofona nel contestare la politica di apertura delle frontiere promossa dalla Germania di Angela Merkel (che però ha già fatto parzialmente marcia indietro, pressata dall'opinione pubblica del suo Paese e in particolare dalla grande coalizione e dal suo stesso partito).

Anche una grande personalità come il padre della riunificazione tedesca, l'ex cancelliere tedesco Helmut Kohl, anch'egli cristiano-democratico, non ha fatto mistero delle sue chiari posizioni in materia rimarcando pubblicamente che "l'arrivo di nuove ondate di disperati verso l'Europa va combattuta con ogni mezzo". A Bruxelles, dunque, chi ha orecchie da intendere, intenda, prima che la situazione sfugga di mano.