Il poliziotto, il cittadino e la fiducia tradita

Il rapporto tra cittadino e autorità cresce e si sviluppa sulla base del rispetto delle leggi e della fiducia. Quando questi elementi vengono meno si entra in una spirale pericolosa che porta a non più riconoscere l’autorevolezza di chi predica massima correttezza a suon di articoli, regolamenti e direttive. Inciampare e sbagliare è insito nella natura umana, ma sminuire e ridimensionare considerando (come spesso abbiamo sentito dire) «singole mele marce» i casi che hanno visto coinvolti agenti della polizia Cantonale e delle Comunali è l’atteggiamento più sbagliato e più dannoso che ci possa essere. Chi si è macchiato di reati finiti al centro di inchieste penali e scaturiti in puntuali processi, giocoforza, perde la sua credibilità. Sostenere il contrario significa misconoscere la realtà o, peggio, sminuire l’accaduto e generare ulteriori sospetti. Il mestiere di poliziotto è complicato, complesso e delicatissimo. Chi si lancia in questa professione lo sa bene e questi aspetti nel corso della formazione vengono sottolineati a più riprese, perché sono il fondamento di una professione particolare, per la quale occorre grande determinazione, pazienza e un senso dello Stato fuori del comune. Non è da tutti fuggire alle innumerevoli tentazioni dell’essere poliziotto: chi veste la divisa rappresenta l’autorità, ma è anche il braccio di uno dei tre poteri dello Stato, quello giudiziario. E manifestare il potere, per l’essere umano, è una delle massime aspirazioni, quando poi si presenta l’occasione di procacciarsi vantaggi diretti, per la carriera o per il proprio benessere, c’è chi rischia di perdere la testa. «Il corpo è sano, non violento», tiene a sottolineare il direttore del Dipartimento delle istituzioni Norman Gobbi. L’affermazione è incontestabile, semmai la degenerazione alla quale assistiamo oggi è la violenza nei confronti dei poliziotti, una delle più grandi aberrazioni dei tempi moderni. Ne abbiamo la sconcertante prova in occasione di eventi sportivi, quando le opposte tifoserie si coalizzano solo per una cosa: la sassaiola nei confronti delle forze dell’ordine. Difendersi è legittimo, anche i nostri poliziotti smessa la divisa hanno una casa e dei figli. D’altronde l’autorità giudiziaria ha difeso e assolto chi aveva manifestato quella che si potrebbe definire una «legittima difesa». Resistere alle provocazioni e allo scherno non è facile, ma fa parte del compito assegnato, anche se a qualcuno ogni tanto vien da dire «chi me lo fa fare» visti gli stipendi certamente non principeschi percepiti a fine mese. Difendiamo le nostre forze dell’ordine, ci mancherebbe altro, ma una risposta la merita anche il cittadino che, frustrato pure lui, si chiede che credibilità ha un agente condannato, richiamato o oggetto di una nota di biasimo. Del resto quando un procuratore pubblico in un’aula penale afferma «ma con che coraggio lei multa i normali cittadini?» non possiamo fare finta di nulla e dire che è solo ora di guardare in avanti e lasciarci questi brutti fatti alle spalle.