Il record e San Tommaso

di PARIDE PELLI - Il vice presidente di Google, Alan Eustace, ha battuto negli scorsi giorni il record di volo libero dalla stratosfera detenuto dal 2012 dall'austriaco Felix Baumgartner: Eustace si è lanciato nel New Mexico – agganciato a un gigantesco pallone aerostatico – da un'altitudine di 41,42 chilometri, precipitando a 1.300 chilometri orari e infrangendo la barriera del suono. Baumgartner si era lanciato «solo» da 39,01 chilometri ma ha almeno conservato il primato di velocità. Quella andata in scena ben sopra le nostre teste non è stata unicamente una sfida tra due impavidi, ma soprattutto (a prima vista, almeno) tra due colossi del marketing: Google da una parte, Red Bull dall'altra. E la compagnia di Mountain Valley non ha cercato il suo testimonial nel mondo degli sportivi muscolosi, ma più semplicemente all'interno del proprio Consiglio d'amministrazione, puntando sul 57enne Eustace, un uomo comune (se non per il suo patrimonio di ricchezza) avvezzo agli sport estremi e al paracadutismo in particolare. La sua impresa, comunicata solo una volta portata a termine con successo, è stata accolta con un certo scetticismo, oltre che con sorpresa, dall'opinione pubblica: ma come, un uomo di mezza età che batte un super-sportivo, senza nemmeno rendere noto l'evento e senza immagini spettacolari a documentarlo? In un'epoca ultramediatizzata, a colpire non è infatti tanto il record colto da Eustace, quanto soprattutto il fatto che né lui né l'azienda che rappresenta il sito più cliccato del mondo abbiano saputo o voluto creare l'attesa attorno a un primato di questa portata. Se Red Bull aveva reso unico non solo il salto nel vuoto di Baumgartner ma anche tutto ciò che l'aveva preceduto – come la sua salita all'apogeo (il punto più alto) in una particolare navicella aperta con una diretta streaming seguita, cliccata e commentata in tutto il mondo – Google ed Eustace hanno fatto esattamente l'opposto. Il nuovo recordman, nell'indifferenza generale, si è affidato oltretutto ad un poco spettacolare pallone gonfio di elio per raggiungere l'altezza siderale e ha indossato una tuta pressurizzata più resistente di quella del rivale ma decisamente ingombrante, come si è potuto constatare in occasione del goffo e scomposto atterraggio, quello sì ripreso dalle telecamere. L'avventura – si è poi saputo – è stata preparata in silenzio «per non farla sembrare un evento pubblicitario» ha rivelato lo stesso Eustace, che ha precisato di aver preparato l'impresa da solo, senza l'aiuto dell'azienda che rappresenta (e lo dimostra il fatto che il video ufficiale non è stato nemmeno postato sul canale Youtube di proprietà di Google ma su Vimeo, una piattaforma concorrente). La mancata copertura mediatica è stata dunque una scelta precisa e lo straordinario volo di Eustace ha avuto come unico testimone la telecamera montata sulla tuta, a coronamento di uno sforzo mantenuto segreto per ben tre anni. La sensazione è che con questa mossa a sorpresa, il 57enne Eustace sia riuscito a ridimensionare il record di Baumgartner, a prima vista imbattibile anche perché super-pubblicizzato. Lo scetticismo che ha accompagnato la sua caduta nasce invece dal fatto che il vice presidente di Google non abbia voluto mostrarsi, al contrario del rivale, e che la sua impresa sia documentata appunto solo da poche immagini, riferite unicamente ai momenti topici del lancio. Nell'epoca dei social network, dei video in diretta streaming e del tutto fruibile liberamente sul web, è legittimo probabilmente non fidarsi di quello che non ci appare, seguendo il detto di San Tommaso: «Se non vedo non credo». Ma a certificare il record d'altezza e a sgombrare il campo dagli equivoci ci ha pensato la Federazione aeronautica internazionale con il suo verdetto lapidario. «Sì, Eustace ha battuto Baumgartner». Nonostante San Tommaso.