Il valore della bandiera quadrata

L'EDITORIALE DI MATTEO AIRAGHI
Matteo Airaghi
Matteo Airaghi
25.07.2018 06:00

DI MATTEO AIRAGHI - sfumature, potremmo senza esitazioni definirla una bandiera «quadrata» e infatti, guarda caso, lo è: anche nella forma stabilita dagli usi, dai costumi e dalla legge. Unica al mondo (con quella della Città del Vaticano) qua-dra-ta. Così come il rosso è ufficialmente identificato nel «rosso Pantone 485 formato da 100% magenta e 100% giallo», dal 1. gennaio 2017 in forza dell'art. 3 par. 1 della nuova legge sulla protezione degli stemmi, per la bandiera svizzera è prescritta obbligatoriamente la forma quadrata. Già da secoli tuttavia la bandiera svizzera, a differenza dei gonfaloni di tutte le altre nazioni, era esposta e onorata nella forma quadrata. Non è certo questa la sede per una lezione di storia ma si risale alla battaglia di Laupen contro gli Asburgo del 1339, si passa dalle croci bianche delle battaglie confederate del Cinquecento, dai vessilli «geflammt» del XVII e XVIII secolo, dal vano tentativo napoleonico di imporre alla repubblica elvetica un insulso tricolore verde, rosso e giallo fino alla decisione insindacabile della Costituzione federale del 1848: croce greca diritta bianca in campo rosso con proporzioni e forme precisamente definite. L'unica eccezione è (o meglio dovrebbe essere) costituita dall'uso della bandiera svizzera in mare aperto, sola concessione alla forma rettangolare. E qui incomincian le dolenti note. Fastidi grassi, obietterà qualcuno, questioni di lana caprina o ipersensibilità da pignoli fanatici di araldica, insorgerà qualcun altro. Forse. O forse invece il dilagare senza ritegno degli orripilanti vessilli rossocrociati rettangolari è una questione di mancanza di rispetto per un simbolo che ci rappresenta tutti e che di conseguenza non dovrebbe diffondersi nell'indifferenza quasi generale. Abbiamo ben presenti le geometrie degli immensi bandieroni svizzeri ai recenti mondiali di calcio in Russia e basta una visita in questi giorni di avvicinamento alla festa nazionale del 1. agosto agli stand dei gadget patriottici nelle catene (svizzere si badi bene) della grande distribuzione per notare che gli odiosi rettangoli «made in China», oltretutto con una gamma di rossi che spazia dall'arancione pallido al violaceo, dominano incontrastati senza che nessuno batta ciglio. E allora se siamo noi i primi a non capirlo non stupiamoci se all'estero magari in sedi ufficiali o istituzionali (non servono troppi esempi basta guardare qualche volta il telegiornale) il nostro Paese viene rappresentato da simulacri di una bandiera che meriterebbe maggior considerazione. Pare addirittura che mossa a compassione persino la Apple di sua iniziativa abbia promesso di approntare una piccola icona quadrata (naturalmente il mondo digitale delle nostre «quadrature» di regola se ne infischia) per rimediare all'imbarazzante equivoco. Chiamatela noncuranza, chiamatelo fastidio per le eccentriche peculiarità elvetiche o svaporata sensibilità culturale, l'importante è rendersi conto che quelle rettangolari sono soltanto cattive imitazioni, pantomime scimmiottanti che disprezzano il simbolo più prezioso della Svizzera. Perché quando si parla di simboli forma e sostanza coincidono. Sempre.

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