Il vento e il cuore di Bellinzona

di PRISCA DINDO - Il vento di Bellinzona ha qualcosa che lo distingue da tutti gli altri venti del mondo. Quello di Bellinzona è un vento che i bellinzonesi non sentono. Eppure esiste davvero, se persino Wikipedia, l?enciclopedia globale online, scrive che questa «regione gode di un buon soleggiamento con un numero moderato di precipitazioni, ma con diversi giorni di vento». Eppure per i bellinzonesi il vento non esiste. Sarà perché gli abitanti della capitale sono differenti, unici. E forse è proprio a causa di questa diversità che talvolta danno l?impressione di voler stare da soli. «Staa tra da nümm, senza troppi turisti in giro per la città», come ci ha confidato un commerciante. E invece è una città forse pudica, ma certo non ostile e umanamente molto ricca. Ma bisogna scoprirla per apprezzarla fino in fondo.Ecco perché da domani il Corriere del Ticino pubblicherà una nuova rubrica, nella quale verrà data ai bellinzonesi la possibilità di descrivere la loro città. S?intitola «Ti diamo la parola» e apparirà ogni mercoledì, come un foglio bianco in cui i bellinzonesi potranno parlare in assoluta libertà di loro e della loro città. Tutti i bellinzonesi, soprattutto quelli che non fanno notizia, ma che costituiscono l?anima della città. Il farmacista e il gelataio, lo spazzino e il commerciante, il macellaio e la libraia, il parrucchiere e l?edicolante, il cuoco e il banchiere, ognuno di loro ci aiuterà a penetrare nel cuore di Bellinzona attraverso i ricordi e il vissuto quotidiano. Parleranno sia i bellinzonesi da generazioni, sia coloro che qui non sono nati ma che qui hanno trovato la loro dimensione. Come Gerardo, il titolare del Ristorante Corona che ha calcato per la prima volta da adolescente i ciottoli di viale Stazione e ne è rimasto folgorato. A distanza di oltre 30 anni, ricorda ancora quel 10 ottobre del 1978 quando verso le cinque del pomeriggio attraversò Bellinzona; era vuota, fredda e già immersa nel buio dell?autunno. Uno choc per uno come lui, nato a Vietri di Potenza. Ma qui ha realizzato il suo sogno. C?è poi Paco, l?edicolante spagnolo di piazza Indipendenza. Più che in Bellinzona, lui si riconosce in questa piazza, dove da bambino ha conosciuto i suoi primi nuovi amici. Per questo ha voluto comperare l?edicola dove ha gustato la sua prima caramella svizzera. Oggi ci racconta entusiasta la città che lo ha accolto attraverso i suoi occhi di immigrato. Se c?è chi è arrivato, ci sono coloro che non si sono mai sognati di partire: Anita, l?ultima verduriera di via Camminata, che descrive la città attraverso i profumi di un?infanzia vissuta nel quartiere di Daro, pochi minuti a piedi dal suo negozio. Lasciare Bellinzona? Non se ne parla nemmeno; qui lei trova tutto e ai suoi figli augura di non partire mai. Altri invece sono partiti: Giuse, gelataio d?estate e marunatt d?inverno, che a 20 anni inforcò la vespa per l?India. Per lui Bellinzona è un punto di partenza, visto che ogni anno fugge per molti mesi in Thailandia. «È però anche un buon punto di approdo», puntualizza, descrivendo la sua vita scandita dalle stagioni. C?è chi rivendica più parchi, chi più manifestazioni musicali, chi più attenzione per i commerci. Come le titolari della libreria Taborelli, che sognano un viale della Stazione pieno di negozi di artigiani, non di telefonini. «Purtroppo però gli affitti sono proibitivi», spiegano. Una città che, attraverso le interviste che pubblicheremo ogni mercoledì sul Corriere, si svela, magari sfidando i luoghi comuni. Davvero i bellinzonesi, come si mormora in altre parti del Cantone, borbottano tanto, chiedono molto, ma realizzano poco? Lo scopriremo! Tutti però sono consapevoli che la città deve evolvere se vuole restare fedele a sé stessa, altrimenti la vita del centro rischia di appassire. Lo riconoscono affranti ma con affetto perché se c?è un sentimento che accomuna i bellinzonesi - da chi è appena arrivato a coloro che non sono mai partiti, per finire da chi, come chi scrive, ha potuto girare il mondo, ma alla fine qui è tornato - è l?amore smisurato per la propria città. Un amore che li unisce e li protegge, da tutto, anche dal vento che soffia forte, ma che i bellinzonesi non sentono mai.