Calcio / Taca la bala

In fuorigioco per sempre

Il saccheggio dei vivai delle squadre del Terzo mondo e le sanzioni ai grandi club europei - A volte le regole della FIFA, pensate a fin di bene, possono anche generare problemi e ingiustizie
Tarcisio Bullo
Tarcisio Bullo
22.09.2023 06:00

Per evitare che agenti e società di calcio saccheggino i vivai dei paesi più poveri, ingaggiando veri o presunti talenti quando sono ancora bambini, la FIFA ha introdotto anni fa nel regolamento sullo status e sul trasferimento di calciatori un articolo (il 19.) che vieta espressamente il trasferimento internazionale di calciatori che non hanno ancora compiuto 18 anni e il primo tesseramento di un calciatore minorenne per una federazione di un paese di cui non è cittadino.

Qualcuno forse si ricorderà il caso del Barcellona, che nel 2014 fu condannato dalla FIFA a pagare una multa di 450 mila franchi svizzeri e a restare inattivo per due finestre di mercato dopo aver infranto le regole. Anche Real Madrid, Atletico Madrid, Chelsea e una lunga lista di altri club sono stati sanzionati per aver fatto firmare contratti a calciatori minorenni proveniente da paesi terzi.

Applausi alla FIFA allora? Sì e no, perché a volte anche le regole pensate a fin di bene possono generare problemi e ingiustizie. Basta leggere le cronache di questi giorni sull’ondata migratoria che sta investendo l’Italia per immaginare che al di là dei trasferimenti dei piccoli talenti nei grandi club - sicuramente una piaga a cui si è posto rimedio grazie alla legislazione in vigore - esiste però anche un largo spettro di giovanissimi migranti, magari appena capaci di dare un calcio al pallone e il cui nome non arriverà mai al grande pubblico, ai quali senza un tesseramento viene semplicemente impedito di poter giocare una partita vera, privandoli nel contempo anche di una possibilità di socializzazione e di integrazione che il calcio, come tutto lo sport, facilita meglio di qualsiasi altra attività. Ragazzi che si vedono aprire le porte dei club calcistici, che si allenano in settimana, ma poi non possono scendere in campo in mancanza del «tesserino».

Perché la regola numero 19 del regolamento sui trasferimenti della FIFA non si applica solo ai grandi club, ma ad ogni livello, anche quello del calcio amatoriale. Noi siamo abituati a pensare a Lampedusa come la porta d’ingresso dei migranti provenienti dall’Africa, ma la stessa cosa accade in Spagna, dove la porta d’entrata per l’Europa è costituita dalle Isole Canarie. Oltre duemila africani sono morti in mare negli ultimi due anni nel tentativo di raggiungere le Canarie, ma molti ce l’hanno fatta e sono rimasti sulle isole. In non pochi casi, si tratta di ragazzini che cercano di sfuggire ad un destino terribile e troverebbero nel calcio un momento di svago.

La FIFA per la verità non è insensibile al problema e a Zurigo hanno riconosciuto che se la norma di regolamento ha arginato il fenomeno del saccheggio dei vivai dei club del Terzo mondo, d’altra parte ha avuto qualche effetto indesiderato, di cui anche il presidente Gianni Infantino ha potuto rendersi conto, quando ha ricevuto la lettera di un dodicenne appassionato del Mali approdato in Spagna, che gli ha scritto «Mi sto allenando da due anni e faccio ogni sforzo per poter scendere in campo e giocare coi miei coetanei. Non capisco perché loro possono giocare delle partite e io no. La sola differenza tra me e loro è che io sono nero e sono nato in Africa, ma questo non dovrebbe contare».

A Zurigo hanno infine trovato una soluzione: via libera a chi è stato riconosciuto dallo Stato come richiedente l’asilo, che ora potrà essere tesserato per club militanti nelle leghe amatori. Chi si occupa delle strutture che accolgono i minori non è però completamente soddisfatto: si parla di ragazzini, molti dei quali arrivano privi di documenti. E i «sans papiers» sono costretti a rimanere in fuorigioco.