Il commento

Inflazione e crescita economica

Quanto sta accadendo dimostra che è stato giusto alzare a suo tempo i tassi di interesse in funzione anti inflazione
Lino Terlizzi
Lino Terlizzi
24.09.2024 06:00

Quanto sta accadendo dimostra che è stato giusto alzare a suo tempo i tassi di interesse in funzione anti inflazione. Le maggiori banche centrali possono venir criticate per esser arrivate in ritardo, dopo esser rimaste a lungo sui tassi minimi o negativi, ma non per aver alzato il costo del denaro contro il rincaro, con mosse che a quel punto erano ormai più che necessarie. Da alcuni mesi si possono tagliare i tassi, ma ciò si sta concretizzando solo perché l’inflazione è nettamente calata, grazie appunto anche ai precedenti movimenti all’insù degli stessi tassi. E tutto questo sta avvenendo senza che il rallentamento economico si stia trasformando in recessione internazionale, con i dati che stanno smentendo le analisi catastrofiste.

C’è quindi un’ulteriore conferma del fatto che è possibile lottare contro l’inflazione utilizzando anche i rialzi dei tassi, senza che ciò porti necessariamente ad una recessione generalizzata. Molto dipende dai tempi e dai modi con cui le banche centrali agiscono. Tanto i maggiori istituti centrali avevano sbagliato nel rimanere nei tassi minimi quando l’inflazione stava già molto salendo, tanto hanno agito per il verso giusto nell’alzarli poi con decisione e quindi, con il cambiamento del quadro, nel cominciare a riabbassarli. L’inflazione alta è uno dei peggiori nemici delle economie, colpisce il potere d’acquisto e dunque i consumi e nel contempo crea incertezze che frenano anche gli investimenti. Occorre dunque restare sempre vigili contro l’inflazione. Le cifre attuali peraltro indicano che ora gli obiettivi finali di contenimento del rincaro sono vicini. 

Molte delle maggiori banche centrali, e tra queste la Federal Reserve (Fed) americana e la Banca centrale europea (BCE), hanno come obiettivo un’inflazione al 2%, in media annua. La Banca nazionale svizzera (BNS) è giustamente più ambiziosa su questo terreno ed ha come obiettivo la fascia 0%-2%, sempre in media annua. Dai dati sin qui disponibili emerge che in agosto l’inflazione negli Stati Uniti era del 2,5% (indice CPI), nell’Eurozona del 2,2%, nel Regno Unito anche del 2,2% (pure indice CPI), in Svizzera dell’1,1%. In un quadro di calo del rincaro è naturale che le banche centrali proseguano nei tagli ai tassi, come nei casi della BCE e della BNS che ha iniziato prima, oppure comincino, come nel caso della Fed. Per ridurre ulteriormente i tassi guida - aiutando anche il ritmo di crescita economica - i margini ci sono, visto che la Fed è al 5%, la Banca d’Inghilterra pure al 5%, la BCE al 3,50% (sui depositi). La BNS dal canto suo è all’1,25%, grazie all’inflazione elvetica molto bassa, permessa anche dalla forza del franco; nei prossimi giorni l’istituto svizzero renderà note le sue nuove decisioni, vedremo se un altro taglio ci sarà subito o in seguito.

Quanto alla crescita economica, la Segreteria di Stato dell’economia (SECO) nei giorni scorsi ha pubblicato l’aggiornamento delle sue previsioni. Al riguardo del 2024 la SECO indica per gli USA 2,6%, per l’Eurozona 0,7% (con l’uscita della Germania, seppur di poco, dalla recessione), per il Regno Unito 1,1%, per la Svizzera 1,2% con il PIL corretto dagli eventi sportivi e 1,6% con il PIL al lordo di questi eventi. Nonostante le previsioni di un segno negativo annuo per il Giappone (con ripresa nel 2025) e di rallentamento per la Cina (senza caduta nella non crescita), non c’è un quadro di recessione mondiale. Le previsioni delle maggiori istituzioni economiche, tra le quali il Fondo monetario e l’OCSE, non hanno d’altronde indicato sin qui una recessione internazionale, né per quest’anno né per il prossimo. C’è rallentamento, non crollo. E la Svizzera sta ancora una volta conciliando meglio di altri inflazione bassa e tenuta nella crescita economica.