La campagna in cravatta verso il voto

L'EDITORIALE DI BRUNO COSTANTINI
Bruno Costantini
18.03.2017 06:00

di BRUNO COSTANTINI - Iniziate sei anni fa le prime pensate, superati il voto popolare consultivo (che ha ridotto da 17 a 13 il numero dei Comuni coinvolti) e un ricorso al Tribunale federale contro il via libera del Gran Consiglio alla più grande aggregazione mai realizzata in Ticino in un sol colpo, mancano due settimane al 2 aprile quando le elezioni di Municipio e Legislativo sanciranno la nascita della Nuova Bellinzona. Lo stesso giorno si eleggeranno anche gli organi politici del nuovo Comune di Riviera e si tornerà alle urne a Paradiso, dove il Tribunale amministrativo, dando ragione al ricorso di una Lega poi rivelatasi un'armata Brancaleone nel gestire la situazione, ha annullato le elezioni dello scorso anno per delle irregolarità. È tuttavia sulla capitale cantonale che è ovviamente concentrata l'attenzione. La campagna non ha riservato particolari guizzi (per usare un Beltrasostantivo), fors'anche perché appiattita sul patto di non belligeranza tra i due pretendenti alla sindacatura della nuova Turrita, ossia i soci sindaci uscenti di Bellinzona, il socialista Mario Branda, e di Giubiasco, il liberale-radicale Andrea Bersani, madonne pellegrine da mesi in giro per il contado a diffondere il verbo fusionista. Secondo Pino Sergi fra i due c'è comunque una fondamentale differenza politica: «Uno ha sempre la cravatta a posto, l'altro l'ha sempre rilasciata».
Oltre a ciò, la campagna è servita per ripassare alcuni punti.
Primo punto: il 2 aprile sarà senz'altro una data storica, non solo per la riorganizzazione amministrativa e territoriale del Bellinzonese oltre le divisioni ottocentesche, ma per l'intero cantone e i suoi equilibri regionali, sui quali vi è sempre il babau del Luganocentrismo. Si tratta infatti della prima aggregazione urbana nel Sopraceneri, secondo gli intendimenti della «Città Ticino» del Piano direttore e in sintonia con la Riforma 2020 che vuole ridefinire i rapporti tra Cantone e Comuni. Molti sperano ora che qualcosa succeda anche nell'immobilismo locarnese.

Secondo punto: le premesse sulle quali si fonda la Nuova Bellinzona sono molto diverse da quelle sulle quali è stata creata la Nuova Lugano. È vero che Lugano è il frutto dell'aggregazione di ben 19 Comuni, ma il processo è avvenuto in tre tappe (2004, 2008 e 2013). Inoltre sulle rive del Ceresio vi era al vertice un leader quale Giorgio Giudici che aveva una visione politica cantonale della questione (oggi sarà dunque soddisfatto) e che era a capo di una Città con ancora i forzieri strapieni. Ciò che ha però anche portato a fare il passo più lungo della gamba. La diminuzione del moltiplicatore d'imposta e l'aumento di spese e investimenti, il tutto abbinato a fattori estranei alla fusione come il tracollo del gettito delle persone giuridiche con la crisi del settore finanziario, ha prodotto un dissesto dal quale solo ora Lugano comincia a riprendersi. Per la Nuova Bellinzona, meno dipendente dal gettito delle persone giuridiche, l'errore di promettere un moltiplicatore stracciato, al solo scopo di rendere più appetibile il matrimonio, non è stato commesso. Starà ai nuovi amministratori far sì che il controllo sulla spesa pubblica possa permettere una riduzione della pressione fiscale. Dell'esperienza di Lugano bisognerà inoltre tener conto per i rapporti con i quartieri (gli ex Comuni), un tema sensibile nel quale si mischiano nostalgie di una presunta identità, realtà e percezione della realtà. Nei servizi forniti alla cittadinanza bisognerà prestare attenzione anche alle piccole cose puntuali, perché contano più delle enunciazioni dal libro dei sogni.
Terzo punto: i grandi progetti. Da molti mesi si parla di Bellinzona quale «porta del Ticino» di AlpTransit, con una nuova centralità geografica rispetto alla Svizzera tedesca e anche rispetto a Lugano quando nel 2020 sarà aperta la galleria di base del Ceneri. Indubbiamente vi sono nuove prospettive per una capitale che negli ultimi decenni s'è creata l'immagine di città amministrativa, ma da sola, questa «porta», difficilmente genererà qualcosa se il territorio non sarà attrattivo per le persone e per l'economia. I progetti già avviati non mancano, dal polo medico-scientifico (con la nuova sede dell'IRB) all'ambito turistico (ad esempio con una migliore valorizzazione dei castelli), ma ci vorrà una solida leadership politica per guidare il loro sviluppo. E per affrontare con pragmatismo, senza tabù, il tema più scottante, quello delle Officine FFS che sta giungendo a un punto di svolta dopo nove anni di fumogeni, illusioni e strumentalizzazioni politiche.

Questa leadership uscirà dalle urne il prossimo 2 aprile su una base elettorale nuova e dunque ancora da collaudare per i partiti, fermo restando che saranno ancora una volta i candidati a fare la differenza. Il PLR può contare su numeri importanti, Unità di sinistra e Verdi su un sindaco uscente molto popolare e trasversale, il PPD dovrebbe confermare i suoi livelli, mentre l'alleanza Lega/UDC/Indipendenti/Noce tenta il colpaccio di entrare nell'Esecutivo. Per la poltrona di sindaco quasi certa è la sfida delle cravatte tra Branda e Bersani (che ha comunque agguerriti avversarsi in casa). Riuscirà quest'ultimo a ridare la sindacatura della capitale ai liberali, compiendo inoltre una nemesi storica che manderebbe in estasi il neopresidente cantonale del PLR? Bixio Caprara, sul terreno di Bellinzona, ci ha infatti lasciato le penne nel 2004 e nel 2008, battuto sempre da Brenno Martignoni con tanto di guerra fratricida tra liberali, strascichi in pretura e scissione con la nascita del Noce che ha sottratto la sindacatura al PLR. Poi nel 2012 è arrivato il socialista Branda a lasciare a bocca asciutta i liberali. Per la prima competizione elettorale da presidente cantonale, Caprara ha un conto da chiudere con un passato turrito che ancora brucia.