Situazioni, momenti, figure

La carità, una virtù da non dimenticare

Le cene natalizie, i pranzi, le bicchierate si rincorrono e fiumi di speranze scivolano verso il mare del tempo
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Salvatore Maria Fares
Salvatore Maria Fares
14.12.2024 06:00

Le cene natalizie, i pranzi, le bicchierate si rincorrono e fiumi di speranze scivolano verso il mare del tempo. È giusto che vi siano momenti di piaceri condivisi e che gli eventi gioiosi accendano i sentimenti. Passiamo l’esistenza sociale fra dialoghi e confronti ed è giusto che ci si immerga in quelli che aprono anche al giubilo. Nell’antichità quando l’uomo iniziava i nuovi cammini auspicando l’aiuto del cielo accantonava quanto era appena trascorso nella sua esistenza. I motti più augurali accendevano le speranze ma le illusioni non sempre si facevano concrete. Escono i cori delle speranze e piace comunque sempre guardare la gente che si incontra, piace ascoltare gli «assolo» di chi canta alla gioia ma spiace invece constatare gli «assolo» di chi ha esaurito le speranze nell’anno che si chiude. Le festività sembrano grandi edizioni di felicità di cui diventiamo tutti strilloni come lo erano quelli dei giornali di una volta che gridavano i titoli per attrarre i lettori. Gli strilli sono i pacchetti, i sacchetti colmi delle scrupolose scelte dei regali ma anche il dolente grido di chi soffre in una casa di solitudine o in un ospedale.

Sono le giuste gioie e le ingiuste amarezze di un’umanità che per Natale si raccoglie, in sé o in compagnia, e le avverte più forti. Il copione sembra non cambiare ma solo rinnovarsi e la tradizione sostiene i valori positivi e li rafforza. Ci sono sempre i nuovi nati, le gioie di bimbi che cantano e i ricordi di chi se ne è andato. A prevalere è, dovrebbe essere, sempre la speranza per tempi ancora più festosi e per un’umanità meno gracile. Sono considerazione scontate che diventano tuttavia importanti perché possiamo tutti, o quasi, trovarci almeno una volta all’anno in una sintonia di buone intenzioni anche di buona generosità caritatevole. È tuttavia una coralità dell’ottimismo che si spegne con le ultime luci e i botti del Capodanno. Nella cornice dei canti e dei rami di alloro e di agrifoglio, negli abeti inghirlandati. Fra i giocattoli e i pacchi di doni aperti, rivediamo inconsciamente la nostra infanzia in quella di altri, anche solo per un momento, e avvertiremo che un altro anno è passato. Il sentimento del tempo però non deve diventare una nevralgia. Abbiamo la quotidianità che attraversiamo e il «carpe diem» degli antichi va colto come un monito a vivere il presente in ogni suo evento. Quotidianamente nelle nostre case entrano immagini di guerra, anestetizzate dalla lontananza e dalla luminescenza dei teleschermi dove poi si susseguono film crudeli o fasti di «favoloso spreco», come lo avrebbe definito il sociologo spagnolo José Luis Aranguren, che preannunciò una società «meramente evoluta tecno-scientifica e cibernetica ma poco sensibile di fronte alla scarsità di solidarietà e umanesimo».

Il poeta e scrittore grigionese Grytzko Mascioni con quel titolo scrisse una suggestiva raccolta fra poesia e sociologia osservata. Parlando con una nota e apprezzata scrittrice, Liaty Pisani, le ho chiesto un parere su quanto accade dall’Est al Mediterraneo ed è stata incisiva e chiara: “Che dire in questo nuovo Natale, cosparso di guerre e di nefandezze che vengono compiute nel silenzio/assenso di questo sgangherato occidente? Non mi viene in mente altro se non l’esortazione di Gesù Cristo: Ama il prossimo tuo come te stesso. Non dovrebbe essere difficile, invece lo è, forse perché nel delirio contemporaneo non riusciamo ad amare nemmeno noi stessi». Verso le festività, oltre alle guerre e gente in cerca di una casa o gente con una casa ma vuota, ci percuotono i volti di bambini affamati o sofferenti, per i quali comunque da qui partono tanti gesti concreti di soccorso. Uno slogan pubblicitario per una raccolta caritatevole sottolinea sui giornali che «l’altro volto della povertà è la solitudine», un altro male da curare. Non possiamo colpevolizzarci festeggiando una preziosa ricorrenza che porta gioie ma teniamo presente anche quanto può dare il dovere concreto della solidarietà. La celebre scultura della Carità di Tino da Camaino mostra una madre che allatta con entrambe le mammelle. Come fece Raffaello, in una piccola tavola, che per invitare alla sollecitudine della carità verso il prossimo mostra una madre che allatta diversi bambini. Evitare i conflitti e aiutare chi soffre, non siano facoltativi, perché dovrebbero essere realismo. Francisco Goya in una sua cupa ma eloquente acquaforte ricorda che «Il sonno della ragione genera mostri». Il prezzo venale di una giornata di bombardamenti supera quello della nutrizione di milioni di bambini.