Il commento

La Lega, il leghismo e i pecoroni

I trentanni del movimento di Giuliano Bignasca e il suo storico duetto/duello con Marco Borradori - Il commento del vicedirettore Gianni Righinetti
Incontri ravvicinati: Marco Borradori e Giuliano Bignasca.
Gianni Righinetti
19.01.2021 06:00

Domenica la Lega dei ticinesi ha soffiato sulle trenta candeline di una torta che, agli albori del movimento creato dal nulla il 17 gennaio 1991 da Giuliano Bignasca, Flavio Maspoli e Mauro Malandra (tutti e tre ormai scomparsi) c’è chi scommetteva che non ne avrebbe spente nemmeno tre. E invece la Lega c’è ancora, mentre i suoi attori sono cambiati e il leghismo ha pure subito una evoluzione o involuzione: dipende dai punti di vista.

Il trascorrere del tempo è inesorabile e a mostrarci quante siano state le figure leghiste carismatiche che nel frattempo sono scomparse ha contribuito la prima pagina del Mattino della domenica appena pubblicata che, con il malinconico sistema si simulare il vecchio film di una pellicola in bianconero con i ritratti in miniatura, ha risvegliato tanti ricordo di un’epoca ormai tramontata. Tra i volti, immortalato al fianco del Nano, c’è anche Marco Borradori che, forse si sarà fatto una risata e si sentirà automaticamente allungata la vita dopo questa gufata del settimanale del suo partito/movimento che lo ha (distrattamente) incluso tra coloro che non ci sono più.

Borradori, volenti o nolenti, è tra i leghisti cosiddetti «della prima ora» (un’etichetta che viene mostrata quasi fosse una medaglia all’onore) che è ancora sulla cresta dell’onda ed è riuscito ad avere una longevità politica degna dei più radicati (pardon per l’espressione) culi di pietra. Dopo il Consiglio nazionale quando il suo nome venne tolto dal cilindro dal Mago Otelma (made in via Monte Boglia), unitamente al dottor Giorgio Morniroli, dal 1995 ha conosciuto una lunghissima carriera in Consiglio di Stato e dal 2013 è sbarcato a Lugano quale sindaco. Quelle comunali alle porte, ha assicurato lui stesso, saranno le ultime elezioni, poi lascerà la politica attiva, la sua professione da una vita. Borradori e Giuliano Bignasca sono state le due facce della stessa Lega, tra litigi, confronti, attacchi domenicali, risate, abbracci per finire sempre (il giorno delle elezioni) con il Nano ad alzare il braccio di Borradori, come segno di vittoria. La vittoria della Lega, del leghismo e dello stesso Giuliano Bignasca che vedeva all’orizzonte altri quattro anni di gloria per il suo leghismo talvolta sguaiato, ma capace anche di mostrare anche cuore e sentimento. Lui sì che era un mago nell’interpretare la realtà a piacimento e a modellarla sulla base della convenienza del momento. Quella facoltà di dire (e dirsi anche al proprio interno) tutto e il contrario di tutto senza essere tacciati di «inaffidabili» o «contraddittori».

Oggi c’è la Lega del Mattino (e del suo attore protagonista Lorenzo Quadri), quella di Norman Gobbi (costretto quotidianamente ad un’azione bicefala tra Governo e leghismo), quella di Claudio Zali (leghista di poche parole), di Boris Bignasca (che vorrebbe le rivoluzioni ma non le fa) e degli istituzionali, alla Michele Foletti o Daniele Caverzasio. Poi ci sono tanti pecoroni che seguono acriticamente dando ragione all’uno o all’altro a dipendenza di come tira il vento. Va detto che quest’ultima particolarità non è un’esclusiva della Lega, ma una moda trasversale all’interno dei partiti e della politica di oggi.