Tra il dire e il fare

La maturità dei magistrati

La separazione dei poteri è un cardine fondamentale della nostra struttura democratica e non va assolutamente bene che uno dei tre pilastri sia ridotto così male – Tanto più che il pilastro scricchiolante (eufemismo) è quello più potente che può mettere a repentaglio gli altri due
Alessio Petralli
Alessio Petralli
14.10.2024 06:00

Pezzi della nostra magistratura cadono a pezzi e c’è di che essere molto preoccupati. La separazione dei poteri è un cardine fondamentale della nostra struttura democratica e non va assolutamente bene che uno dei tre pilastri sia ridotto così male. Tanto più che il pilastro scricchiolante (eufemismo) è quello più potente che può mettere a repentaglio gli altri due.

Infatti un giudice poco accorto e poco equilibrato potrebbe anche provare a sbattere ingiustamente in galera dalla sera alla mattina qualche rappresentante dell’esecutivo o del legislativo, mentre non è data la reciprocità. O perlomeno si tratta di una reciprocità di controllo più lenta e macchinosa.

Insomma chi occupa il potere giudiziario, visto l’enorme potere che detiene, deve essere possibilmente un/una fuoriclasse molto competente, di specchiata onestà e di grande equilibrio. Caratteristiche che non abbondano nella nostra attuale magistratura o, perlomeno, in una parte non trascurabile di essa, venuta clamorosamente alla ribalta della cronaca per pesanti problemi di convivenza interna. Oltretutto dopo che chi dovrebbe essere in grado di dirimere i conflitti altrui volando al di sopra di certe miserie umane, ha dimostrato di non saper gestire le proprie piccole beghe da cortile fra comari invidiose l’una dell’altra.

La domanda da porsi è quindi scontata. Come mai sono attivi nella nostra magistratura personaggi che mai e poi mai avrebbero dovuto potervi accedere? Naturalmente ci si può sempre sbagliare nelle scelte e il/la fuoriclasse a cui si è appena accennato non è per nulla facile da individuare, specialmente agli inizi.

Vi sono però alcuni requisiti minimi che possono aiutare. Ad esempio quelli che riguardano l’esperienza pregressa e/o la formazione. Che in buona parte rimandano a fatti e non a opinioni. Facciamo un esempio concreto, relativo a figure conosciute del potere esecutivo, per cercare di spiegarci.

Ignazio Cassis può piacere o non piacere, ma è indubbio che abbia portato a termine con successo i suoi studi di medicina in Svizzera fino all’FMH (e questo è un fatto) e che per lungo tempo (un altro fatto) abbia esercitato con successo (e questa è un’opinione, però piuttosto condivisa dalla nostra piccola comunità) la non facile (un terzo fatto) funzione di medico cantonale. Cassis è inoltre un ottimo e invidiabile poliglotta (quarto fatto). Citiamo qui il nostro ministro degli esteri, riandando con la mente a un suo incontro di quattro anni fa a Chiasso con il suo allora omologo italiano, il ministro italiano Luigi Di Maio. Sia detto per inciso che Cassis (nato nel 1961) di Di Maio (nato del 1986) potrebbe essere il padre. Due ministri degli esteri a confronto quindi, confronto che può essere praticato a diversi livelli, anche qui oscillanti fra opinioni (chi ha più fiuto politico, chi è più comunicativo?) e fatti (chi ha studiato di più, chi ha letto più libri, chi ha ricoperto funzioni più importanti e quali?).

Non possiamo certo dilungarci qui e per questo rimandiamo alle rispettive biografie. Ci limitiamo a rilevare, senza animosità alcuna nei confronti di un giovane «desaparecido» della politica italiana (che però è da più di un anno «Rappresentante speciale dell’Unione europea per il Golfo Persico»), che la sua esperienza pregressa comprende, oltre all’attività di giornalista, fra gli altri quella di cameriere, di steward allo stadio San Paolo di Napoli (da cui l’ironico soprannome di «bibitaro») e di manovale per l’azienda di famiglia. Intendiamoci, tutte attività degnissime che qualsiasi persona di valore può aver svolto nella propria vita a causa delle più disparate contingenze. Per quanto riguarda gli studi universitari Di Maio li ha abbandonati presto per dedicarsi con successo alla politica, mentre la maturità l’ha ottenuta a Pomigliano d’Arco, città nella quale è cresciuto.

Non sono invece cresciuti lì alcuni ticinesi che a Pomigliano d’Arco si sono recati per i loro «esami» di maturità, dopo aver frequentato da noi il «diplomificio» di un compiacente istituto scolastico nel frattempo chiuso dal DECS. Citiamo da «laRegione» del 6 marzo 2024 a proposito della discussa nomina di un procuratore pubblico (una delle tante nomine controverse che coinvolgono i vari partiti): «Ma viene davvero da chiedersi che fiducia debba esserci da parte della popolazione, e anche da parte di competenti candidati che magari hanno ottenuto una licenza superiore non in un “diplomificio” come il fu istituto Fogazzaro di Breganzona, con tanto di trasferte a Pomigliano d’Arco, provincia di Napoli, per i cosiddetti esami».

Risposta: fiducia scarsa, tendente a zero. Non è davvero più possibile che certa nostra magistratura continui a tirare a campare per partito preso!