Il commento

La resilienza confermata

Le previsioni del Fondo monetario internazionale sulla crescita economica sono sostanzialmente una buona notizia
Lino Terlizzi
Lino Terlizzi
25.10.2024 06:00

Le previsioni del Fondo monetario internazionale sulla crescita economica sono sostanzialmente una buona notizia. Le cifre sono una conferma del fatto che il rallentamento non si sta trasformando in recessione internazionale. L’aggiornamento dell’FMI reso noto nei giorni scorsi va valutato tenendo conto del contesto mondiale e in particolare del peso delle tensioni geopolitiche e dei conflitti bellici. Chiaramente senza questo fardello geopolitico le cose potrebbero andare ancor meglio. Ma già il fatto che si resti complessivamente in area crescita, e per il 2024 nella stessa misura indicata in precedenza, è un elemento positivo.

Il Prodotto interno lordo reale a livello mondiale dovrebbe salire del 3,2% sia nel 2024 sia nel 2025. La stima è la stessa del luglio scorso per quest’anno, mentre per l’anno prossimo è lievemente inferiore (di 0,1 punti) rispetto a quanto prima previsto. Se così andrà, sarà un risultato tutt’altro che da buttare. Mantenere una crescita attorno al 3% in questo biennio sarebbe un dato da non sottovalutare, appunto una conferma della resilienza di fondo della gran parte delle economie, già emersa peraltro nel corso del 2022 e del 2023 (con aumenti del PIL mondiale rispettivamente del 3,6% e del 3,3%).

Il Fondo monetario migliora le previsioni per gli Stati Uniti, che dovrebbero crescere del 2,8% quest’anno e del 2,2% il prossimo. Per l’Eurozona invece l’FMI abbassa le previsioni, allo 0,8% per il 2024 ed all’1,2% per il 2025. Da notare, di passaggio, che per il Fondo la Germania dovrebbe evitare un secondo anno di recessione, seppur non di molto, con una crescita zero quest’anno che dovrebbe salire poi allo 0,8% il prossimo. A scansare la recessione dovrebbe essere anche il Giappone, con una crescita economica dello 0,3% nel 2024 e dell’1,1% nel 2025. Alla Cina l’FMI assegna un rallentamento, sì, ma non enorme, con una crescita del 4,8% quest’anno e del 4,5% il prossimo. Per la Svizzera c’è l’indicazione dell’1,3% (è una conferma) per il 2024 e della stessa percentuale per il 2025 (con una limatura di 0,1 punti); per un Paese già molto sviluppato, e con i tempi che corrono, quelle elvetiche sono ancora buone cifre.

Sul versante del calo dell’inflazione le notizie sono anche positive. Per il complesso delle economie avanzate secondo l’FMI l’incremento dell’indice dei prezzi al consumo dovrebbe scendere dal 4,6% del 2023 al 2,6% del 2024 e poi al 2% del 2025. Per l’insieme delle economie emergenti e in via di sviluppo l’aumento dell’indice dovrebbe calare dall’8,1% dell’anno scorso al 7,9% di quest’anno ed al 5,9% del prossimo. All’interno delle economie avanzate, la Svizzera rimane tra i Paesi a più bassa inflazione, con una discesa dal 2,1% del 2023 all’1,3% del 2024 ed all’1% del 2025. In generale, l’aumento dei tassi di interesse da parte delle banche centrali in funzione anti inflazione ha in sostanza funzionato (nonostante i precedenti ritardi di molti istituti centrali) e il calo dell’inflazione in corso sta ora permettendo alle stesse banche centrali un graduale taglio dei tassi. La lotta all’inflazione non si è tradotta nella recessione internazionale da molti pronosticata e, una volta fermata la spirale del rincaro, può adesso arrivare dal taglio dei tassi un contributo ai consumi ed agli investimenti, quindi alla crescita economica.

Tra i compiti del Fondo monetario c’è anche quello di segnalare i rischi presenti nello scenario, ed è quanto l’FMI fa, indicando soprattutto le tensioni geopolitiche, l’aumento dei dazi e di altre misure protezionistiche, il livello alto del debito. È certo giusto tener conto anche del possibile aumento dei rischi. Tuttavia ciò non può cancellare la tenuta mostrata sin qui dall’economia globale. In un’analisi equilibrata, occorre tener presente non solo i fattori di freno ma anche il buon grado di resilienza che sta trovando conferma per una gran parte delle economie.