La riforma fiscale di Donald Trump e l'idrovora

di ALFONSO TUOR - La riforma fiscale statunitense approvata dal Congresso produrrà conseguenze rilevanti non solo per l'economia americana, ma anche per quelle del resto del mondo. L'effetto principale sarà quello che gli Stati Uniti si trasformeranno in un'idrovora che risucchierà capitali dal resto del mondo non solo per investimenti nei mercati finanziari, ma anche per investimenti produttivi. Ma procediamo con ordine. La riforma, che dovrebbe costare all'erario 1.500 miliardi di dollari di minori entrate nell'arco di dieci anni, è molto contestata, poiché privilegia i ricchi rispetto ai ceti medi e bassi, tradendo quindi le promesse elettorali di Donald Trump come sostiene l'opposizione democratica. L'aspetto centrale del provvedimento non riguarda comunque l'imposizione delle persone fisiche, ma quello delle persone giuridiche. Esso prevede la riduzione dal 35% al 21% dell'aliquota fiscale che devono pagare le società. L'importanza di questo taglio non deve essere sopravvalutata: le società americane non hanno mai pagato il 35% di imposte sui loro utili, ma molto meno grazie a deduzioni, detrazioni e varie scappatoie fiscali (gli esperti hanno calcolato che l'aliquota reale si è finora aggirata attorno al 19%). E le maggiori novità riguardano questi aspetti, poiché la riforma introduce elementi di quella «imposta territoriale» vagheggiati da alcuni esponenti repubblicani. In pratica, si privilegiano i beni prodotti negli Stati Uniti attraverso accise sulle componenti acquistate dalle società americane all'estero e attraverso la tassazione di pagamenti a favore di case madri all'estero. Insomma il fisco diventa uno strumento di guerra commerciale, poiché discrimina le società straniere. Queste misure hanno provocato un brusco risveglio dell'Europa. Cinque ministri delle finanze dei principali Paesi europei (tra cui anche quello britannico) hanno scritto negli scorsi giorni a Donald Trump e al segretario al Tesoro americano in cui ventilavano misure di ritorsione, poiché questi provvedimenti discriminano le società straniere e sono incompatibili con le regole dell'Organizzazione mondiale del commercio (WTO) e perché sono in aperto conflitto con il Trattato BEPS contro l'erosione fiscale concluso nell'ambito dell'OCSE di Parigi. Vi sono altri due aspetti che preoccupano i ministri europei. Il primo è un sussidio alle esportazioni attuato attraverso una tassazione maggiormente favorevole sugli utili realizzati all'estero grazie a marchi e proprietà intellettuale. Il secondo è un accorciamento dei tempi durante i quali si può far valere un credito di imposta (a compensazione di perdite accusate in anni precedenti) che peserà negativamente anche sui conti di UBS e CS. L'intero impianto della riforma risponde al programma «America first» di Trump e contribuisce ad incrinare ulteriormente le basi su cui si fonda la globalizzazione. Ma quali potrebbero essere le conseguenze economiche? Le preoccupazioni europee, che sono state tenute in considerazione nella stesura finale della riforma, sono utili per capire che gli Stati Uniti diventeranno una localizzazione molto attrattiva a livello fiscale spingendo molte società americane a rimpatriare produzioni attualmente all'estero e a spingere società straniere ad andare a produrre negli Stati Uniti. A questi movimenti a fini produttivi si aggiungeranno quelli finanziari alla ricerca di maggiori rendimenti. L'aumento degli utili societari e il rimpatrio di capitali detenuti all'estero dalle multinazionali americane (cui viene concesso un trattamento preferenziale) sono destinati a far correre ancor più Wall Street e ad accelerare una crescita già sostenuta e quindi a far aumentare i tassi di interesse. Gli Stati Uniti possono pertanto diventare un'idrovora che risucchia i capitali esteri, ma questo risultato di breve termine non può oscurare il fatto che la riforma rischia ancor di più di accentuare i mali sociali di un Paese afflitto da un'esplosione delle diseguaglianze e da decine di milioni di poveri. In conclusione, la riforma rischia di rappresentare uno choc esogeno che renderà più squilibrate sia l'economia sia la società degli Stati Uniti.