Ventisei Cantoni

L'acqua torna ai proprietari

Dopo decenni in cui i Cantoni alpini hanno ricevuto solo briciole per la gestione delle loro risorse idriche da società private di Oltre-Gottardo, con la fine delle concessioni essi rivendicano la gestione in proprio. Vista la grande incertezza e i rischi del mercato dell'energia, in Vallese e nei Grigioni si inaugurano formule di partenariato pubblico/privato
Moreno Bernasconi
19.11.2024 06:00

Negli Anni Cinquanta si erano suonate le campane a stormo per festeggiare la concessione dell’uso delle acque di Vallemaggia e Blenio alle cosiddette Partnerwerke con un contratto capestro in cambio di un piatto di lenticchie. Per decenni i Cantoni alpini si sono accontentati di modesti canoni d’acqua mentre le grandi industrie idroelettriche d’Oltralpe che le gestivano facevano affari d’oro, arricchendo fiscalmente non tanto i Cantoni e i Comuni di cui sfruttano le acque ma soprattutto quelli dell’Altopiano dove hanno il domicilio. Con l’approssimarsi della scadenza delle pluridecennali concessioni alle Partnerwerke per lo sfruttamento delle risorse idriche, Cantoni e Comuni alpini proprietari delle acque stanno rescindendo quei contratti capestro, per sfruttare in proprio il loro «oro blu». Nel momento in cui - in particolare dopo la miope decisione di abbandonare il nucleare - la necessità di disporre di fonti energetiche rinnovabili rende l’energia idroelettrica ancora più preziosa, le acque stanno tornando finalmente alle comunità alle quali appartengono. Una svolta strategica fondamentale per tutti i Cantoni alpini. Come il Ticino – che ha fatto valere i suoi diritti di riversione – anche il Vallese e i Grigioni (i due principali fornitori di energia idroelettrica) stanno facendo altrettanto, ma in modo differenziato, inaugurando anche formule che meritano particolare attenzione. Infatti, l’idroelettrico implica grandi investimenti e rischi notevoli.

A fortiori in un contesto europeo e internazionale di grande instabilità. L’evoluzione del settore negli ultimi quindici anni deve far riflettere. Il prezzo dell’energia elettrica sui mercati all’ingrosso era crollato dal 2008 in poi a causa della politica di sussidi massicci all’energia eolica e fotovoltaica nei Paesi europei (a cominciare dalla Germania che si apprestava a chiudere tutte le sue centrali nucleari) e a causa di un rilancio del carbone dovuto al basso costo dei certificati per le emissioni di CO2. L’idroelettrico svizzero non era concorrenziale e non riusciva più a coprire i costi. Negli ultimi anni i costi dell’energia sono esplosi a causa di fattori geopolitici (guerra in Ucraina), di strategie di politica energetica (scarsità del nucleare) e climatici (siccità). E anche le aziende elettriche elvetiche hanno subito pesanti perdite. La transizione verso una riappropriazione dell’energia idroelettrica da parte di Cantoni e Comuni avviene in questo contesto imprevedibile. Vale la pena quindi di esaminare come questa transizione sta avvenendo in alcuni Comuni e Cantoni per i quali le scadenze sono imminenti. Alla fine di novembre di quest’anno viene a scadenza, dopo 80 anni, la concessione della piccola centrale idroelettrica di Pintrun nei Grigioni, gestita da AXPO.

A sorpresa, il Cantone e il Comune di Trin non hanno fatto valere semplicemente il diritto di riversione ma hanno proposto un nuovo partenariato pubblico/privato che vede il Comune come azionista maggioritario, mentre il Cantone ma anche AXPO avranno partecipazioni minoritarie. Una soluzione che sembra convenire a tutti. Infatti la società privata manterrà nel suo portafoglio parte della produzione e continuerà la gestione dell’azienda e la parte ingegneristica. Per il Comune la soluzione mista conviene poiché il know how di AXPO è prezioso, soprattutto in tempi in cui il settore comporta grandi rischi e i profitti non sono per nulla scontati. I risarcimenti che implica inoltre una riversione non sono noccioline. Interessante notare che una soluzione simile è stata adottata anche per la concessione della centrale idroelettrica di Salanfe in Vallese. In questo caso, il Cantone e 6 comuni saranno azionisti maggioritari col 60%, mentre l’azienda leader del settore Alpiq manterrà una partecipazione del 40%. Come si vede, il modello pubblico/privato sembra suscitare interesse. I Cantoni alpini hanno aspettato con grande entusiasmo la fine delle concessioni alle Partnerwerke. Ed è un bene che si volti pagina. Ma le incertezze passate e presenti del mercato incitano a muoversi con prudenza.