L'agente IA e gli umani
Il 2025 dovrebbe essere l’anno in cui gli agenti IA saranno ovunque e si assumeranno un sacco di compiti che oggi toccano ancora a noi (umani). Realtà o fantascienza? Perché il 2025 è tra poco più di un mese. Davvero non si capisce se le aziende che sviluppano intelligenza artificiale si fanno pubblicità o se una delle maggiori svolte tecnologiche è già fuori dalla nostra porta. Entusiasmante e anche inquietante, molto.
A questa corsa partecipano tutte le aziende leader nell’intelligenza artificiale. Da Microsoft a Google, Meta e poi Anthropic, Salesforce, per citarne solo alcune. OpenAI ha detto: «Abbiamo modelli sempre migliori di ChatGPT, ma la vera rivoluzione verrà dagli agenti».
Anche gli investitori, dopo aver messo decine di miliardi nelle aziende che sviluppano software intelligenti, qualcosa si aspettano. Se non proprio una rivoluzione, almeno un prodotto che possa essere venduto e dei ricavi. Finora le aziende hanno ricevuto colossali finanziamenti ma i ricavi sono stentati.
Ma innanzitutto cosa è un agente IA? Semplificando molto, un software intelligente che si occupa di sbrigare compiti, finora svolti da umani, interagendo con altri agenti su piattaforme o applicazioni. Se ChatGPT con la sua intelligenza generativa è stato un balzo tecnologico immenso, gli agenti IA vanno ben oltre. Quando ricevono un comando non si limitano a formulare una risposta ma eseguono un compito. Per fare un esempio, a ChatGPT si può chiedere di scrivere una lettera dando solo un paio di indicazioni: cosa intendiamo dire, il tono da usare, in che lingua la vogliamo e il testo è pronto in pochi secondi. Ad un agente IA possiamo chiedere molto di più: invia una lettera così e così con questi allegati e questi documenti. L’agente non solo formula la lettera, ma la spedisce, va a cercare i documenti da allegare o se non ancora disponibili, li richiede e valuta poi la risposta.
Certo per eseguire compiti così un agente IA ha bisogno di avere l’accesso ad altre piattaforme, app e raccolte di dati. In altre parole, si rende utile fin dove può arrivare grazie alle interfacce tra le diverse applicazioni. Un altro esempio, può occuparsi dei clienti, organizzando al meglio i dati dell’azienda e le informazioni che trova. Assiste nelle vendite di qualsiasi prodotto, che siano beni di consumo o prodotti finanziari. Fra l’altro può curare le relazioni con i clienti, informandoli in caso di avvenimenti degni di nota - da solo, senza l’aiuto umano. Basta avere una richiesta chiara, per esempio: «Tieni informati i miei clienti in caso succeda questo e quello e fallo in modo differenziato in base ai loro interessi». Se il cliente ha delle richieste rispondono con competenza.
Gli agenti vengono programmati per trovare soluzioni, prendere decisioni e completare autonomamente il compito che è stato loro affidato. L’idea è che imparino a pianificare un passo dopo l’altro per raggiungere il risultato richiesto. Non si può dire che «ragionino» ma fa impressione lo stesso. Ecco perché tutti parlano di una svolta tecnologica epocale.
Ma è davvero per il 2025? Perché non è semplice. Gli ostacoli sono tanti e ancora non sembra evidente come sormontarli. Una volta ricevuto il comando gli agenti devono potersi adattare ad un ambiente dinamico dove incontrano altri agenti, altre applicazioni, altre fonti di informazioni. Non è cosa da poco. Un sistema intelligente può essere in grado di compiere un’azione spettacolare, ma ancora non è detto che sia in grado di dialogare con altri sistemi.
Un punto su cui non sembrano esserci dubbi è che questa sia la prossima frontiera dello sviluppo tecnologico. Non ci siamo ancora, ed è un bene poter dare una sbirciatina al futuro perché così abbiamo ancora il tempo di costruire sistemi intelligenti sicuri - by design, ossia sin dalla progettazione. Noi umani non abbiamo bisogno di agenti che ci scappino di mano o che vadano in mani sbagliate. È una corsa, è vero, con colossali interessi in gioco. Ma come in una gara di Formula uno, senza misure di sicurezza finisce in una maceria.