L’urgenza dei sauditi e il rospo di Biden

Da una parte le ragioni sacrosante e urgenti della «Realpolitik» tanto sullo scacchiere internazionale quanto sul fronte interno. Dall’altra l’occasione da parte di Joe Biden per sputare o continuare ad inghiottire il rospo legato alla tutt’altro che irreprensibile condotta del principe ereditario saudita Mohammed Bin Salman (ormai conosciuto internazionalmente con l’acronimo MBS) in materia di diritti umani. Tra questi due poli si è concluso il viaggio in Medio Oriente che ha portato il presidente degli Stati Uniti prima in Israele e successivamente in Arabia Saudita.
Se scontata è apparsa la tappa in Israele in funzione soprattutto anti-iraniana, più significativi in quanto svoltisi all’insegna dell’esortazione ad una maggiore democrazia sono stati i colloqui avuti da Biden a Gedda non solo con MBS, ma con vari capi di Stato della regione: Kuwait, Bahrein, Qatar, Oman, Emirati Arabi Uniti, Egitto, Iraq e Giordania. L’impegno che il leader USA ha manifestato e cercato di divulgare è disegnare un’architettura diversa per quest’area del mondo, considerato un crocevia per affrontare le minacce e penetrazioni di Cina, Russia e Iran. Quindi rafforzamento delle relazioni con i Paesi che rispettano le regole internazionali; libertà di navigazione nelle acque regionali (in particolare nello stretto di Hormuz); ruolo della diplomazia per risolvere le crisi e ridurre i conflitti, come nel caso dello Yemen; legami economici e di sicurezza con chi rispetta la sovranità delle nazioni; promozione dei diritti umani.
Ma ci si benderebbe gli occhi se non si individuasse prima di tutto l’essenza della visita di Biden, ovvero il fatto che l’Arabia Sauita rappresenta uno dei principali Paesi esportatori di petrolio. Imprescindibili sono a questo proposito gli effetti dell’invasione russa dell’Ucraina, che ha provocato tra le altre cose un deciso aumento dei prezzi delle materie prime come gas naturale e petrolio, e di conseguenza un aumento dell’inflazione che dipende in misura notevole dai prezzi dell’energia. In particolare uno dei problemi di Biden è l’aumento del prezzo del carburante, che negli Stati Uniti costituisce una questione politica molto delicata, tanto che il Partito repubblicano sta perseguendo da mesi una dura campagna d’opposizione. Di fatto, l’unico modo per ridurre i prezzi del carburante è ottenere un aumento di petrolio greggio. Mohammed Bin Salman ha assicurato di fare il possibile per aumentare la produzione e di farsi promotore presso l’OPEC + (i 13 Paesi OPEC più 10 affiliati, tra cui la Russia) per tenere in equilibro il mercato energetico. L’organizzazione terrà una riunione il prossimo 3 agosto e quindi è impossibile parlare di decisioni prima di quella data.
Ritornando agli scopi della visita di Biden, l’Amministrazione americana si è inoltre accorta di aver bisogno della collaborazione dell’Arabia Saudita per gestire il problema del nucleare iraniano. E il rospo, ovvero la necessità da parte di Biden di cogliere l’occasione per esprimere a MBS tutto il suo sdegno per la corresposabilità, secondo fonti di Washington, nell’omicidio di Jamal Khashoggi, dissidente e giornalista saudita residente negli USA e ucciso il 3 ottobre del 2018 da un commando saudita? «Sono stato chiarissimo, ho subito sollevato la questione» - si è difeso il presidente USA, proseguendo: «Bin Salman ha detto di non esserne personalmente responsabile, ho risposto che pensavo lo fosse». Sta di fatto che nessuno tra le delegazioni presenti a Gedda è pronto a giurare che il rospo sia stato visibilmente sputato. Che cosa non si fa per la «Realpolitik». Se per il filosofo Pascal fondamentali sono le ragioni del cuore, per Biden hanno pobabilmente prevalso le ragioni del caro-energia.