Mai scatenare le ire del cielo

di BRUNO COSTANTINI - Ammettetelo: non sapete più come vestirvi e comincia a scocciarvi questa insistenza depressionaria. Poco v'importa che la colpa sia del surriscaldamento terrestre, di El Nino o dei frontalieri: ne avete piene le tasche. Tutti ne parliamo, scordandoci delle lagne corali, indignate col cielo, sulle soffocanti estati torride. Ricordate il mitico 2003? Allora giù tutti a dire che non se ne poteva più, con l'ozono alle calcagna e i preposti uffici della sanità pubblica a fornire istruzioni di comportamento: avete caldo? Mettevi all'ombra. Avete sete? Bevete. Non riuscite a dormire? Contate le pecore, ma con un cappellino in testa.
E chi vorrebbe rivivere quell'incubo di calura e banalità? Nessuno. Tuttavia, sotto sotto, i rimpianti iniziano ad affiorare nel mezzo di un'estate tanto folle, che nessuno aveva mai visto così carica di pioggia, di freddo e di tristi serate senza grigliate, birre e gelati e infradito, con la vita scombinata da queste stagioni che non sono più quelle di una volta. Che fare? È dimostrato che, nonostante l'impiego di tecnologie sempre più sofisticate e l'accresciuta attendibilità delle previsioni, il tempo è soggetto a leggi che, per fortuna, l'uomo non può comandare. Però ci tenta.
Recentemente gli albergatori dell'Emilia Romagna si sono incavolati con i vari servizi nazionali di previsioni meteorologiche accusati di far scappare i turisti con i loro nefasti bollettini, mandando così in malora l'economia delle ridenti località balneari. I servizi in questione pare cercheranno ora, pur senza tradire la scientificità del loro lavoro, di essere più ottimisti, di vedere insomma il bicchiere mezzo pieno anziché mezzo vuoto. Si sforzeranno cioè di fornire previsioni più locali e mirate, che indichino anche le ore di sole previste (perché un piovasco mica compromette un'intera giornata con le trippe all'aria), in modo «da rispettare la sensibilità di chi ha atteso tanto per andare in vacanza», ha dichiarato un meteorologo. Gli albergatori si sono detti soddisfatti, ma hanno ancora una richiesta: limitare le previsioni alle 48 ore, perché oltre si rischia di sbagliare (o di turbare le sensibilità di turisti e imprenditori: meteorologo non vede, portafoglio non duole).
Comunque non è che gli albergatori dell'Emilia Romagna abbiano avuto una trovata particolarmente originale. Anni fa c'era stato anche da noi un direttore in outsourcing dell'Ente ticinese per il turismo che tentò di addomesticare i meteorologi di Locarno Monti, purtroppo con risultati nulli, se non quello di far scoppiare un temporale sulla sua testa che, di lì a poco, sarebbe poi diventato un devastante tornado. Mai scatenare gratuitamente le ire del cielo.
Forse sta proprio in questo timore la psicolabilità climatica che spiega perché ovunque prolissi e ripetitivi programmi televisivi di previsioni meteorologiche tengono le folle incollate allo schermo, facendo da traino ad altre trasmissioni a rischio di brutale zapping per andare su un altro canale a vedere altre previsioni e confrontarle il giorno dopo, giusto per dare addosso a chi non ci ha azzeccato. La Svizzera, quanto ad attendibilità, fa sempre il suo bel figurone. Potrebbe addirittura stracciare tutti se il nostro Piernando Binaghi, brillante mediatore tra Locarno Monti e il popolo, sfregandosi le mani come solo lui sa fare, ricordasse, nell'ora di massima trepidazione nei focolari domestici, un'antica verità rimasta scientificamente incontrovertibile: «Ul temp e ul cü fa quel che vör lü».