Mi ami? Messi dice sì
Nel giro di un solo anno la fisionomia del calcio europeo viene trasfigurata da tre partenze di altissimo livello: dopo Cristiano Ronaldo è Karim Benzema a cedere alle tentazioni dei petrodollari sauditi (trasferimento all’Al-Ittihad), che invece non riescono a sedurre Lionel Messi, il quale ha fatto i bagagli per Miami, liberandosi dal peso di due anni che potremmo quasi definire orribili al PSG.
Rifiutare l’offerta saudita non deve essere stato facile per il calciatore più titolato del pianeta, sette volte vincitore del Pallone d’Oro e fresco campione del mondo. Schiacciato tra le pressioni del papà manager, che faticava a credere ai suoi occhi quando ha visto la proposta di contratto saudita (due stagioni per 500 milioni di euro all’anno, il doppio di Ronaldo) e quella della moglie Antonella, che non voleva saperne di andare a vivere a Jedda e sognava di tornare a Barcellona, la Pulce ha infine scelto l’America. Con questa decisione ha certamente bruciato un po’ di milioni (del resto può permetterselo...), di sicuro non è finito in una squadra di alto livello (la franchigia di Miami, che non ha nemmeno un suo stadio, è ultima nella Eastern Conference) ma ha salvaguardato la pace famigliare.
Di fronte all’offensiva dei fondi sovrani gestiti dai paesi arabi, c’è chi invoca un intervento dell’UEFA per regolamentare una situazione che vede stravolgere gli equilibri del calcio mondiale e un’esplosione dei costi inarrestabile. A noi non fanno tanto paura le partenze di tre vecchie glorie come Ronaldo, Messi e Benzema, che anzi lasceranno spazio e faciliteranno l’esplosione di nuovi talenti, quanto l’acquisto a getto continuo di nuovi club da parte di un mondo arabo che non investe certamente nel calcio europeo per amore e per fini culturali, e fra poco potrebbe mettere le mani anche sul Manchester United, sempre più oggetto del desiderio da parte dei qatarioti che già possiedono il PSG.
La partenza del trio delle meraviglie che per più di una decina d’anni ha movimentato le notti della Champions League europea rientra tutto sommato nella logica delle cose: già negli anni Settanta e Ottanta leggende del calcio europeo come Beckenbauer, Cruyff e Gerd Müller finirono la loro carriera negli Stati Uniti, firmando contratti stratosferici con la missione di lanciare in orbita il calcio a stelle e strisce, confrontato con la concorrenza interna di altri sport.
In fondo oggi le cose si ripetono ed è persino bello che Messi abbia scelto Miami anziché Jedda: nella società del presidente David Beckham (un’altra star che ha finito la carriera oltre Oceano) troverà un gruppo di giovani di calciatori che al suo fianco non potranno che crescere, se avranno l’umiltà di imparare. Come negli anni Ottanta, anche stavolta il trasferimento di un fenomeno come Messi avviene nell’imminenza di un Mondiale che Stati Uniti e Canada (ma anche il Messico) organizzeranno congiuntamente nel 2026. L’importanza della presenza di una star come Messi per creare interesse attorno al fenomeno calcio negli Stati Uniti, in questo senso, appare difficilmente negabile.