Nel nome della tigre (e del lupo)

Matilde Casasopra
25.11.2010 05:59

di MATILDE CASASOPRA - C?è una vena d?umorismo che percorre i fatti della vita. L?ultimo esempio? Proprio nel giorno in cui i media titolavano che «La tigre celtica non ruggisce più» e i mercati erano pervasi dai timori legati al futuro dell?Irlanda, ecco che da San Pietroburgo è giunto, forte e chiaro, il ruggito delle tigri d?Asia: da quella del Bengala a quella dell?Amur (o tigre siberiana), da quella di Sumatra (o indonesiana) a quella maltese. Tutte ?Panthera tigris?, tutte decimate - negli ultimi cent?anni - da bracconieri e umani senza scrupoli, tutte lottatrici e, da ieri, anche vincitrici. Molte - troppe - di loro, hanno dovuto cadere sul campo in questi anni. Erano 100?000 a inizio Novecento. Erano 3199 il 24 novembre 2010. Antropocentrismo esasperato, brama di potere, sete di forza e bellezza (la medicina tradizionale cinese prescrive pozioni a base di ossa di tigre per superare le avversità della vita) hanno fatto di questi splendidi felini vittime predestinate. Un eccidio svoltosi sotto gli occhi di tutti e che tutti han preferito non vedere. Poi un signore amante delle tigri dell?Amur - Vladimir Putin - ha deciso di capire perchè, nella sua terra, nel loro regno, le tigri morissero. Scoprì che non i cacciatori, ma i pianificatori, i costruttori, le aziende che s?insediavano a macchia d?olio ovunque, stavano minacciando un habitat vasto, ma fragile; una biodiversità unica, ma in equilibrio sempre più instabile. Vuoi per contagio, vuoi per imitazione, altri signori hanno svolto - in Cina come in India, in Bangladesh come in Birmania - verifiche analoghe ottenendo risultati simili. Ed è scattata la molla del «dobbiamo fare qualcosa». Il WWF, cogliendo la palla al balzo della concomitanza con l?anno astrologico cinese, ha proclamato il «2010 anno della tigre». I tredici Stati, corroborati e rinfrancati, si sono ritrovati a cadenze regolari fino a giungere, ieri, all?approvazione del ?Piano di salvaguardia della tigre?. Un evento di portata storica. Per la tigre, certo, ma soprattutto perchè gli Stati hanno deciso di unire le forze per salvaguardare la natura e per farlo hanno deciso d?investire 350 milioni di dollari (100 dei quali offerti dalla Banca Mondiale nell?anno della biodiversità) e di seguire strategie comuni. «È chiaro a tutti che non abbiamo trovato un?intesa per un singolo animale, la tigre - ha dichiarato il premier russo Vladimir Putin, promotore del "Summit" di San Pietroburgo - ma che abbiamo gettato le basi per la nostra comprensione globale, ad alti livelli, del problema della conservazione della natura».  È chiaro. Così com?è chiaro che non di sola tigre vivono gli Stati, ma anche di accordi che, in nome della tigre, possono essere firmati più facilmente. Il premier cinese Wen Jiabao, che ha incontrato il collega Putin a San Pietroburgo proprio durante il «Vertice della tigre», ha siglato con lui due accordi: uno per la costruzione del terzo e quarto reattore della centrale nucleare di Tianwan; l?altro per una linea di credito di 2 miliardi di dollari da destinare al finanziamento di progetti economici comuni fra Russia e Cina. Il tutto, è chiaro, nel nome della tigre. Così, inseguendo quella vena di umorismo che, come dicevamo, percorre i fatti della vita, pensando che proprio ieri è stata presentata a Berna la petizione - con 25?000 firme - per continuare a proteggere il lupo, siamo curiosi di vedere cosa si riuscirà a fare, in Svizzera, nel nome del lupo.