Situazioni, momenti, figure

Neruda poeta per tutti

Lo ritennero meritevole e degno del Premio Nobel e venne riconosciuto da molti letterati e dal pubblico come uno dei maggiori poeti contemporanei
Salvatore Maria Fares
Salvatore Maria Fares
07.06.2024 06:00

Martedì la TSI ha diffuso un film di successo e simultaneamente un canale italiano fra i più seguiti diffondeva lo stesso film. È «Il postino», diretto da Michael Radford, con Massimo Troisi e Philippe Noiret, che a lui somigliante interpreta il poeta e politico cileno del quale ricorre il centoventesimo anniversario della nascita. La bellezza di una giovanissima Maria Grazia Cucinotta offre un catalizzatore di poesia anche estetica nella trama che la rese ammirata nel mondo. Ma la figura portante è quella del poeta che dovendo lasciare il Cile andò sulle coste napoletane a trascorrere un esilio operoso prima di tornare nella sua patria alla caduta di Pinochet. Un poeta ormai leggendario per le sue opere e per le azioni che lo videro oppositore del presidente Videla e poi di Pinochet. Non sono incline all’elogio di chi ha avuto un’ideologia marxista ma Neruda non tese all’estremismo e la sua opera letteraria lo ha posto oltre il confine dei pregiudizi. Lo ritennero meritevole e degno del Premio Nobel e venne riconosciuto da molti letterati e dal pubblico come uno dei maggiori poeti contemporanei. Strano destino quello di Neruda, morire quasi con Salvador Allende che aveva rappresentato parte di quanto durante la sua vita il poeta aveva perseguito e sperato ma non in quelle forme. Neruda era un appassionato cantante. La sua passione per il canto divenne vivace con la morte brutale di Garcia Lorca, che lo sconvolse. Si erano conosciuti e frequentati e Neruda scrisse nelle sue annotazioni, come fa nel film, che il poeta era assediato nel suo albergo dalle ragazze aspiranti poetesse «che non lo lasciavano respirare». Scriverà anche le sue considerazioni sulla natura sessuale «diversa» di Lorca, al quale le ragazze non interessavano. La natura dei poeti, anche quando sono di tempra solida come quella di Neruda, è sempre scalfita dalla violenza. Fu un testimone e un cantore, e fin dall’esordio volle segnare il suo impegno poetico libertario, quindi letterario - e per questo morale - assumendo come pseudonimo il cognome del poeta cecoslovacco Jan Neruda, indicando così il suo manifesto, il suo progetto letterario: farsi interprete delle classi subalterne e dei più negletti. La sua poesia è epica e intimista al contempo ed è un canto che oscilla fra l’amore e la denuncia. La portata di una voce poetica è testimoniata dal consenso dei lettori e Neruda è stato, e lo rimane, uno dei più letti ed amati nel mondo. La vita per lui era la poesia vissuta; una poesia di carne, con la quale si nutriva e nutriva i lettori, fino alla disperazione simbolica che tradiva la sua grande passione per la vita da sorvegliare. Lo hanno amato quasi tutti e non c’era poeta che non facesse anche indirettamente i conti con la sua opera, che dopo gli anni della cosiddetta poesia pura diventava con lui poesia del reale, ma sempre contenuta nel rigore del canto, baluardo di una tradizione nobilissima. È stato un protagonista importante, per la sua poesia e per la sua idea politica non estremistica che si richiamava alla giustizia sociale. In Italia all’inizio degli anni Cinquanta gli decretarono un’espulsione ma riuscì a restarci. Era stato infatti sostenuto da firme autorevoli nelle lettere e nelle arti, da Einaudi a Carlo Levi, Moravia e Pratolini, da Guttuso alla Morante e al giovane Giorgio Napolitano futuro capo di Stato. Molti gli hanno rimproverato e gli rimproverano ancora che era comunista, cosa che non toglieva nulla alla bellezza delle sue opere. Democratico, non incitava all’odio e alla morte. Ho sempre apprezzato le voci pregevoli che uscivano dal coro. Il Premio Nobel lo aveva strameritato proprio nello spirito del suo fondatore. In una breve intervista, ero studente che collaborava alla radio, mi disse dei versi memorabili, raccomandando di guardare sempre la realtà: «guarda che il tempo senza parole / non ti rubi le mandorle degli occhi». Il film ha dato un piacevole ritratto di quell’ex senatore e diplomatico che aveva scelto il duro passaggio sulle Ande per fuggire dal suo Paese, cercando coste più tranquille, come a Capri, dove come Curzio Malaparte abitò in altura sulle sponde del mare e terminò la sua storia letteraria con il libro uscito postumo «Confesso che ho vissuto». A Napoli era stata console del Cile Gabriela Mistral, a sua volta Premio Nobel. Neruda è stato il poeta della limpidezza e godette dell’ammirazione di poeti Premi Nobel come Montale e Quasimodo che hanno narrato l’esistenza altrettanto limpidamente.