Non parlatemi di destino

Emanuele Gagliardi
Emanuele Gagliardi
17.11.2015 03:00

di EMANUELE GAGLIARDI - Preoccupazione ancora sul confine per il susseguirsi di episodi di violenza, stavolta di nuovo ai danni di distributori di carburante, attivi vicino alla frontiera, con banditi che riescono a colpire (nel giro di pochi giorni pure lo stesso obiettivo due volte) e a dileguarsi senza essere disturbati. Timori che non abbandonano mai queste zone calde: che sono sempre presenti in quanti vivono o lavorano in questa particolare area del territorio ticinese. A volte, però, nei periodi di calma, si tende, non a dimenticare, ma a considerare il vivere quotidiano in modo più positivo possibile, senza muoversi, perciò, ogni minuto con circospezione, pronti a recepire ogni movimento, arrivo e passaggio di terzi come spostamento sospetto. «E questo è l'errore. Bisogna sempre vigilare, soprattutto in queste aree vicino al confine». Tre persone stavano discutendo in un bar (dopo aver commentato a lungo quanto di tragico avvenuto in Francia) su una notizia letta nella cronaca cantonale: parlavano degli ultimi assalti compiuti a stazioni di benzina nel Sottoceneri da malviventi armati di pistola in un paio di occasioni e in una di coltello. Inevitabilmente, il discorso, abbastanza in fretta, è scivolato sui valichi incustoditi, situati a poca distanza dal luogo in cui sono avvenute le rapine. «Se ci fosse stata qualche guardia presente nella piccola dogana, magari la fuga del bandito sarebbe finita in modo diverso». «Ma chi lo ha detto? Al momento dell'allarme quel delinquente aveva già attraversato tranquillamente il confine». «L'unica cosa per poter bloccare un bandito o più banditi in fuga è un colpo di fortuna. La presenza in zona, quasi per caso, per esempio, di una pattuglia delle guardie di confine o della polizia». «Oppure dovrebbe scattare un'operazione congiunta (tra Svizzera e Italia) come quella avvenuta alcune settimane fa, quando a Castelrotto è stato bloccato un camioncino con diverse persone intenzionate ad alleggerire un furgone portavalori in Ticino. Quella volta, però, la polizia italiana aveva già seguito per settimane la banda». Il discorso continuava ed uno dei tre, ad un certo punto, ha mormorato che alla sera non si ferma più a far benzina. Soprattutto se vede ferme al distributore delle moto col conducente in sella. Uno degli altri due amici ha cercato di rassicurarlo, dicendogli che non ci sono orari (o luoghi precisi) per le rapine e che, a volte, i banditi arrivano e se ne vanno anche a piedi. «È il destino, poi, che ti fa trovare, eventualmente, lì». «Non parlatemi di destino, quando ci sono di mezzo i delinquenti. O i terroristi» ha detto ad alta voce il più anziano dei tre che era rimasto quasi sempre zitto, mostrando la prima pagina di un quotidiano dove campeggiavano le fotografie della strage di Parigi. Una frase pronunciata ad alta voce che ha attirato l'attenzione e gli sguardi (qualcuno perplesso) di altri avventori. Poi l'uomo ha ripiegato il giornale, ha salutato ed è uscito dicendo: «Comunque, i valichi ci sono sempre stati: sono importanti e vanno difesi. Passiamo, passano tutti di lì».

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