Oibò, la popò
Iniziò una domenica sera di questi tempi e andò avanti per tre giorni. Neve, neve e ancora neve. Quel gennaio del 1985 fu un record, a Lugano si misurarono ben 85 centimetri e la gente sciava in città. Il capitano di questo battellino, allora cronista alle prime armi, fu incaricato di occuparsi dell’evento e scrisse che la neve è la «popò degli angeli», perché così gli pareva d’aver capito nell’innocenza dell’infanzia.
Nessuno ebbe da ridire, la gente era forse troppo impegnata a spalare e a sciare per chiedersi se i giornali scrivessero scemenze. Quarant’anni dopo mi sono ritrovato a parlare con Asia di quel fatto perché, tirato in secco il battellino per la pulizia della scafo e riordinate le scorte di Barbera fatto col mulo, abbiamo avuto tempo per ciarlare. La mia amica microinfluencer del lago e content creator s’è rammaricata di non aver vissuto quella nevicata perché avrebbe potuto spopolare su Instagram e TikTok, non rendendosi conto che allora i social media non esistevano e se fossero esistiti cani e porci avrebbero intasato la Rete (fognaria).
Con la «popò» siamo tuttavia sempre ben messi, stando ad alcuni pubblici pensieri scatologici di questo inizio anno, mentre il Ticino gongolava per gli 80 milioni piovuti dalla BNS (in attesa delle sparatorie per la spartizione del bottino) e i pompieri ci spiegavano che l’incendio (per carità, non si dica caos) al Tribunale penale cantonale è sì un’emergenza ma gestibile (siamo dalle parti di Ennio Flaiano: la situazione è grave ma non seria). Ha colpito per primo il giornalista ed economista Silvano Toppi, persona serissima le cui posizioni possono anche non essere sempre condivise ma che è una memoria storica dell’evoluzione socio-economica, il quale in un articolo apparso su naufraghi.ch si è divertito ad acclarare perché siamo sempre più in un «mondo di merda», riflessione generale su un sistema di valori democratici che sembra andare a catafascio sotto il dominio della cachistocrazia (il governo dei peggiori).
Toppi s’è chiesto se vi siano delle persone che approfittano del «torrente di merda che si riversa sui media, nella politica, nelle piattaforme e che finisce nel nostro cervello», per concludere citando la poetessa Alda Merini: «Le mosche non riposano mai perché la merda è davvero e sempre tanta». Asia mi ha guardato male. Eppure gli indizi scatologici sono diversi. In un’intervista a liberatv.ch Pino Sergi dell’MPS, spiegando perché indicare la frammentazione partitica come male politico del Ticino è una sciocchezza (e ha ragione), ha affermato che l’idea di mettere sbarramenti per accedere al Parlamento è una trovata dei partiti di Governo per buttar fuori «quelli che pongono domande indiscrete e li mettono con la faccia nella loro cacca». È ripugnante, ha esclamato la mia amica.
Che deve dire allora l’ex allenatore dell’HCL Luca Gianinazzi il quale c’era dentro fino al collo? Ha infatti dichiarato a TeleTicino poco prima dell’esonero: «È chiaro che siamo nella merda, è da due mesi che siamo nella merda. Se il Lugano è in quella posizione in classifica, è normale che puoi descriverlo come essere nella merda. Dalla merda non esci per caso, ma lo fai concentrandoti sul presente e smettendo di preoccuparti del fatto che sei nella merda». Abbiamo capito. Però basta con questo linguaggio, quando è troppo è troppo, ha sentenziato Asia andandosene via disgustata con la sua bici elettrica rosa che a me è sembrata marrone, forse influenzato da Toppi sul colore trendy del 2025.