Il commento

Piccolo film, grandi sogni

L’Academy di Hollywood, fors’anche in reazione al quasi totale allineamento alla politica di Donald Trump da parte delle grandi aziende tecnologiche che hanno vasti interessi anche nell’audiovisivo, ha preferito ricompensare film più indipendenti e «Anora» si è quindi trovato nel posto giusto al momento giusto
Antonio Mariotti
03.03.2025 22:35

Con un piccolo film indipendente, realizzato per certi aspetti in maniera quasi artigianale, il regista, sceneggiatore, montatore e produttore Sean Baker ha già realizzato alcuni grandi - e di certo insperati - sogni. Dopo la generosa Palma d’oro conquistata nel maggio scorso a Cannes, eccolo trionfare nella notte degli Oscar durante la quale il suo Anora si è aggiudicato cinque statuette, di cui quattro (un record) andate personalmente allo stesso Baker per i ruoli elencati sopra.

Anora, presentato sulla Croisette a 30 anni esatti dalla prima proiezione di Pulp Fiction (che pure vinse la Palma ma non l’Oscar), ha giocato molto su questo anniversario e non per nulla a consegnare il riconoscimento a Baker per il miglior film è stato proprio Quentin Tarantino. Molto difficile però pensare che il 54.enne «neo oscarizzato» possa proporsi come il nuovo Tarantino. Rimane comunque imperdonabile la quinta statuetta di Anora: quella andata alla simpatica svampita Mickey Madison, mentre c’erano in lizza interpreti del calibro di Fernanda Torres (Io sono ancora qui) e Demi Moore (The Substance).

Anora si è quindi trovato nel posto giusto al momento giusto, riuscendo a mettere d’accordo tutti in un’annata piuttosto dimessa, approfittando alla grande dell’harakiri compiuto da Emilia Pérez, il fantasioso e travolgente musical di Jacques Audiard uscito con le ossa rotte (13 candidature e sole 2 statuette) dal Dolby Theatre di Los Angeles. Emilia Pérez aveva tutte le carte in regola, cinematograficamente parlando, per spazzar via la concorrenza ma ha visto sfumare gran parte delle sue chance dopo la scoperta di una serie di tweet razzisti e antireligiosi pubblicati tra il 2016 e il 2021 dalla sua protagonista: l’attrice transessuale Karla Sofia Gascon. Negli Stati Uniti, inoltre, Emilia Pérez è stato visto prima di tutto come il portabandiera di Netflix che non ha esitato a spendere 20 milioni di dollari per acquistarne i diritti e 40 (!) per la campagna promozionale in vista degli Oscar.

L’Academy di Hollywood, fors’anche in reazione al quasi totale allineamento alla politica di Donald Trump da parte delle grandi aziende tecnologiche che hanno vasti interessi anche nell’audiovisivo, ha quindi preferito ricompensare film più indipendenti. Oltre ad Anora, significativo anche il caso del lungometraggio d’animazione lettone Flow che ha soffiato l’Oscar a kolossal tipo Inside Out 2. Infine, da sottolineare la statuetta per il miglior documentario andata a No Other Land realizzato da un collettivo israelo-palestinese. Un film duro ma non privo di speranza, tuttora in cartellone nelle nostre sale ma che non ha ancora trovato un distributore negli Stati Uniti.