Tra il dire e il fare

Politica seria e volgarità

La nostra presidente della Confederazione ha potuto parlare al telefono per ben 25 minuti con colui di cui tutti parlano e che non parla di certo con tutti coloro che lo cercano, a sua detta soprattutto per baciarlo…
Alessio Petralli
Alessio Petralli
14.04.2025 06:00

Come sarà ritrovarsi con il colore dei capelli frutto «di un amplesso tra una zucca e un’albicocca»? Ovviamente il rimando è al protagonista imprescindibile di cui tutti parlano, anche se in questo caso la citazione non proviene da qualche generico «leoncino da tastiera», ma dal corsivista principe del primo giornale italiano: Massimo Gramellini, sul «Corriere della Sera» di venerdì scorso.

Niente di troppo grave, ma da Gramellini ci saremmo aspettati una metafora meno grossolana («color Crodino»?), che si distanziasse dalla volgarità del primo attore.

Al di là del colore dei capelli, sta di fatto che la nostra presidente della Confederazione ha potuto parlare al telefono per ben 25 minuti con colui di cui tutti parlano e che non parla di certo con tutti coloro che lo cercano, a sua detta soprattutto per baciarlo… Più fonti americane, in particolare il “Washington Post” e la CNN, hanno in seguito certificato l’importanza della telefonata giunta dalla Svizzera, immaginando addirittura che, vista la tempistica, una parte del merito del dietrofront sui dazi fosse di Karin Keller Sutter (KKS). KKS, 61 anni ben portati, è una liberale tutta d’un pezzo che sa il fatto suo. Seria, elegante, ride raramente e forse bacerà con parsimonia, benché il suo vice Guy Parmelin abbia risposto, a un giornalista che ipotizzava una Svizzera «genuflessa», che le nostre tradizioni prevedono baci sulla bocca o sulle guance. Una performance inaspettata per lo humor di Parmelin, che in genere ci ricorda quello trattenuto del predecessore di KKS, ovvero Johan Schneider Amman.

Ma al di là dello humor personale di ognuno, va detto che in politica di solito c’è poco da ridere e che le abilità da prediligere sono altre, fra le quali spiccano le competenze linguistiche. Visti i suoi studi di interprete e i suoi soggiorni all’estero (Londra e Montréal) e nella Svizzera romanda (Neuchâtel e Friborgo), la sangallese KKS è un’ottima poliglotta. Anche parlando italiano in situazione formale e preparata se la cava abbastanza bene: ne fa testo la sua originale allocuzione dello scorso Capodanno, tenuta nella incantevole biblioteca dell’Abbazia di San Gallo. Cinque minuti densi, impostati sul valore della modestia e dell’umiltà, che fanno della Svizzera la nazione che è, rispettosa delle minoranze e delle idee altrui e alla costante ricerca del giusto compromesso.

Dicevamo che in politica c’è poco da ridere, soprattutto per chi ha in mano i cordoni della borsa e deve reggere le finanze. Per l’Italia ci viene in mente Giancarlo Giorgetti, il potente ministro delle finanze e dell’economia nostro vicino di casa (è di Varese), rimproverato perché sembra non sorrida mai. Ragione in più per cui, quando trattiamo con l’Italia, sarebbe meglio essere molto seri. In generale, per essere sinceri, avremmo quindi di gran lunga preferito la serissima basilese Eva Herzog alla spesso ilare giurassiana Élisabeth Baume-Schneider. Ma si tratta di un’ipotesi superficiale e ingenerosa, tanto più che le impressioni personali di chi scrive contano ben poco. Sia quel che sia, siamo però convinti che in politica la serietà alla lunga paga. Quella serietà che, oltre che dalle competenze e da una solida preparazione sui dossier in gioco, passa anche dal modo di porsi, dalla postura del corpo al tono di voce.

A dispetto di tutto si potrebbe rilevare che diversi politici devono il loro successo a indubbie capacità attoriali, quando non addirittura comiche. Il capostipite è probabilmente Ronald Reagan, ma più vicini a noi ricordiamo Beppe Grillo e a suo modo Silvio Berlusconi. Per non parlare di Volodymyr Zelenskyj, la cui voce su Wikipedia esordisce con «è un politico e attore ucraino» o di Donald Trump («è un politico, imprenditore e personaggio televisivo statunitense»), che mostra sempre molto mestiere di fronte alle telecamere.

Considerati i risultati c’è comunque di che essere soddisfatti dei nostri politici seri e talvolta un po’ opachi. Per questo è passata alla storia la ridarella incontenibile che aveva colto il consigliere federale Hans-Rudolf Merz alle prese con la Bündnerfleisch. Sono passati quindici anni e quella performance inaspettata rimane un unicum, un’eccezione che conferma la regola che nella nostra politica resistono una serietà e un decoro collaudati.

È forse anche per questo che i confronti internazionali ci dicono che nel nostro Paese la fiducia dei cittadini nei propri governanti, seppure minata dagli eccessi dei social, rimane più che soddisfacente.