Isole comprese

Quando gli antichi egizi incrociarono le braccia

Nel 1150 a.C gli operai impiegati nella costruzione di un tempio vicino a Tebe smisero di lavorare per protesta. Alla fine i funzionari del faraone Ramses III cedettero alle loro richieste e pagarono il dovuto. Fu il primo sciopero della storia
Prisca Dindo
16.04.2023 06:00

Quando lo scorgo dall’oblò, quell’interminabile serpentone scintillante che zigzaga nel deserto del Sahara suscita un sentimento miracoloso. Dove scorre, il verde della vegetazione copre l’ocra del deserto. Il Nilo genera la vita e  benedice l’Egitto. Sulle sue fertili sponde è fiorita l’antica civiltà dei faraoni. Più di tremila anni di gloriosa storia ritmata dalle abbondanti piene annuali di questo incredibile fiume, considerato il più lungo del mondo. Gli antichi egizi lo adoravano come una divinità. Forniva acqua potabile, rendeva fertili le terre e scandiva il ritmo delle stagioni. Nel contempo era una comunicazione efficace e rapida per i mercanti che scendevano o salivano verso l’Africa nera. Il Nilo era l’autostrada dell’antichità. Oggi il fiume non divaga più come un tempo. La costruzione della diga di Assuan, che ha formato l’enorme lago Nasser al confine con il Sudan, ha imprigionato la sua potenza. Malgrado ciò, imbarcati su una feluca ci sentiamo riportati indietro dalle lancette della storia. Il tempo si dilata. Mentre le grandi vele bianche assecondano con dolcezza la corrente del fiume, immaginiamo la vita che scorreva lenta lungo le rive dorate. Incontriamo Menfi, Tebe, Alessandria, tre delle grandi città che hanno fatto la storia di questa grande civiltà. Gli antichi egizi erano quasi tutti contadini. Coltivavano soprattutto orzo e grano, ma sui loro campi germogliavano anche le uve i fichi i datteri le olive e le angurie. Sopra ai contadini c’erano gli scriba, che decoravano le tombe con geroglifici e storie tramandate dalla tradizione orale. La fertilità del suolo e l’abbondanza di prodotti agricoli permisero il sorgere nell'Antico Egitto di una classe di amministratori non legati alla terra (il terziario diremmo oggi) composta da soldati servitori personali artigiani e artisti. Fra gli artigiani si distinguevano scultori, orafi, costruttori di mobili e di utensili. I sacerdoti, che ricoprivano la seconda posizione nella piramide sociale, rispondevano soltanto ai re e ai faraoni. Gli schiavi,  per lo più prigionieri di guerra, erano sfruttati per le costruzioni di tombe e templi faraonici. La popolazione era irreggimentata e per sopravvivere doveva sgobbare ogni giorno da mattina a sera. Tuttavia nel 1150 avanti Cristo, durante il regno di Ramses III, gli operai del villaggio di Deir el-Medinet, impiegati nella costruzione dei templi di Tebe, incrociarono le braccia. La protesta nacque per il ritardo nella consegna della paga. I funzionari del faraone tentarono di costringere gli operai a tornare al lavoro, ma questi rimasero fermi fino a quando non furono pagati. Fu il primo sciopero della storia.Per gli egizi la vita nell'aldilà era un duplicato della quotidianità terrena. Nei campi Aaru, la residenza dei defunti, c’era molto da fare. Arare e mietere i campi eterni, ubbidire alle esigenze degli Dei. Ma siccome nessuno nell’Antico Egitto aveva l’intenzione di sgobbare per tutta l’eternità, si puntò sugli «Ushabi», i lavoratori surrogati dell’aldilà. Statuine in legno o in terracotta riprodotte con piccole zappe o altri strumenti per lavorare la terra che finivano a centinaia nelle tombe insieme al trapassato. Quando gli Dei chiamavano il defunto a svolgere un compito nel regno dei morti, costui si rivolgeva agli ushabti che rispondevano «Presente!». Si rimboccavano le maniche e si davano da fare al posto del morto. Chissà se gli Dei avranno appezzato la furbata.  

 

 

 

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