Femminicidio

Quei bravi ragazzi

Giulia Cecchettin è l'ennesima vittima di un «bravo ragazzo», anche se i campanelli d'allarme c'erano tutti: non stiamo facendo abbastanza, dai genitori ai giornalisti fino ai politici
Michele Montanari
19.11.2023 10:30

Giulia Cecchettin è l’ennesima vittima sulle nostre coscienze. Di tutti noi. Perché di stalking, femminicidio, cultura malata del patriarcato se ne parla ogni giorno. E puntualmente una donna subisce violenza da un altro «bravo ragazzo». Uno di quelli che «salutava sempre». Poco importa se anche questa volta i campanelli d’allarme c’erano tutti. Il racconto della sorella di Giulia reso ai giornalisti mette i brividi. Un’altra storia di ossessione e violenze psicologiche. Una delle tante, che nessuno è riuscito a evitare. È una piaga sociale, che fa ancora più male se si pensa all’età dell’aggressore. Nato dopo il 2000: non solo vuol dire che non stiamo facendo abbastanza, ma che forse stiamo tornando indietro. Perché anche i giovanissimi ragionano con una mentalità che dovrebbe essere estinta. E allora diventa sempre più evidente che l’educazione dei genitori non basta più. Forse anche le scuole dovrebbero fare la loro parte per sradicare la cultura del possesso dalle nostre vite. Come si insegnano il rispetto, la tolleranza e la solidarietà, bisognerebbe parlare di violenza sulle donne. Che è tra gli atti più vili, perché non sei un uomo se te la prendi con i più deboli (una debolezza solo fisica).

Siamo in ritardo su tutto: solo di recente si è smesso di usare la vergognosa terminologia «delitto passionale» o scrivere frasi al limite del demenziale come «l’amava troppo». O ancora, bollare come farneticazioni femministe le innumerevoli grida d'allarme. Si sprofonda nei paradossi: è la donna, per cui è sempre difficile denunciare una violenza, a sentirsi colpevole. Quando invece lo siamo tutti noi, dai giornalisti ai politici. Da quelli che «se una donna si veste in un certo modo o ha bevuto un bicchiere di troppo, allora se l’è cercata» a quelli che puntualmente mettono sotto i riflettori solo le malefatte degli stranieri. E poi tacciono sui subdoli reati commessi da un connazionale. 

In Svizzera il numero di femminicidi, in percentuale, eguaglia quello dell’Italia. Le cifre, fornite dalla dottoressa Marina Lang, psicologa e psicoterapeuta responsabile del centro Competenza Violenza della Polizia cantonale, parlano chiaro: nel 2022 si sono registrati 19.978 reati in ambito domestico, di cui 86 omicidi tentati o consumati. Il 40% di tutti i reati registrati dalla Polizia avviene nel luogo che per le donne dovrebbe essere il più sicuro: la propria casa.

Dobbiamo correre ai ripari, come società. Dire una volta per tutte che l’ossessione non è amore, ma una deriva pericolosissima. Altrimenti continueremo a leggere di famiglie distrutte e donne ammazzate perché «se non sei mia non sei di nessuno». Solo oggetti, nelle mani di quei bravi ragazzi.