Regina e re di cuori

Due sovrani escono di scena. La regina del regno più longevo della storia ha lasciato la vita, durata per lei quasi cent’anni, settanta dei quali passati a regnare in un silenzio davvero «regale», bandiera vivente e unificante, simbolo forte di un impero declinato e di un regno orgoglioso e vivace che fa della Gran Bretagna un unicum al mondo. Oggi Elisabetta, che fu monumento vivente, dopo un funerale cui parteciperà, presente o collegato, il mondo intero, andrà a giacere nel mistero del «dopo» sotto la pietra tombale dove l’aspetta, immagino con flemma e humour, il marito Filippo, irresistibile in vita per gaffe perdonabili e signorilità divertita. Un altro re è uscito di scena in questi giorni, rimanendo per fortuna vivo e vegeto e bello e in forma nella testa e nella figura (salvo il maledetto ginocchio): Roger Federer, sovrano del tennis per bottino di titoli ma soprattutto per stile, grazia di gesti e di temperamento, vittorie esaltanti e osannate e sconfitte signorili e commosse. Non c’è personaggio celebre al mondo il quale, seppur amato e stimato, non viva il chiaroscuro di qualche sguardo critico. Persino il Papa deve ogni tanto vedersela con le retrovie tradizionaliste e con chi invece lo vorrebbe più riformatore. Figurarsi i politici. Anche gli idoli sportivi hanno le loro pecche, Ronaldo e Messi incantano sull’erba ma poi hanno troppe Ferrari e problemi col fisco, per dire. Nessun vip sfugge ad almeno un pulviscolo critico. Solo due personaggi al mondo sono apparsi e appaiono invece perfetti, intangibili. Una è stata appunto la regina Elisabetta d’Inghilterra. 70 anni sul trono, impeccabile, discreta, postura signorile e al tempo stesso mite, da buona signora inglese con la messa in piega azzurrina, cappello in tinta con l’abito, borsetta appesa al braccio. Il suo silenzio valeva più delle parole, era un distacco regale dal rumore talvolta volgare della politica e una garanzia di simbolica vigilanza morale. Mai una gaffe, figurarsi uno scandalo (a quello ci ha pensato il giro familiare stretto e allargato). Ha incontrato centinaia di teste coronate e capi di Stato, i più già trapassati, da Churchill a De Gaulle a Gorbaciov, da Kennedy a Mandela, da Pio XII a Giovanni Paolo II. È riuscita, due giorni prima di morire a 96 anni, a conferire l’incarico di capo del Governo alla premier Liz Truss, cui ha porto una mano con il segno violaceo della malattia mentre con l’altra reggeva il bastone. Ma era regina in servizio pieno, come lo era stata per sette decenni con i suoi abiti color pastello o fucsia, icona inscalfibile della Gran Bretagna quale potenza logorata ma fiera. Adesso è morta, le succede Carlo III che forse sarà ricordato soprattutto come il figlio di Elisabetta II. È uscito di scena in questi stessi giorni, rimanendo vivissimo, un altro re intoccabile, Roger Federer: un grandissimo campione con l’elisir di giovinezza ma anche un signore, un gentiluomo correttissimo, niente scenate né tatuaggi, famiglia perfetta con moglie dolce e figli carini, fair play sul campo e fuori, pubblico innamorato, avversari che si inchinano, magnanimo nella vittoria, nobile nella sconfitta. Federer ebbe più volte appannamenti e malanni, forzato a stare lontano a lungo dai campi e poi tornato a danzare vittorie con la sua eleganza longilinea e umilmente aristocratica. Roger Federer ha stile. Non si arrabbia mai come fanno altri campioni, non ha gesti plateali o scomposti. È un principe in calzoncini corti, anzi un re senza corona ma con racchetta magica. Il basilese è un gentleman d’altri tempi e tuttavia contemporaneo. Oggi è di gran lunga lo svizzero più celebre al mondo. Se l’immagine percepita della Svizzera ha bisogno talvolta di marketing, allora Federer è il nostro miglior marchio morale. Ha guadagnato un pacco di soldi, d’accordo, sul campo e con le pubblicità. Ma le ricadute economiche del tennis sono enormi e Federer promuove una serie di attività filantropiche serie, trasparenti e umanissime. Elisabetta II ha chiuso piano dietro di sé la porta della vita. Roger Federer ha semplicemente chiuso dietro di sé i cancelli dei campi da tennis e si incammina sulle vie del lungo resto di vita che lo attende. Auguri, Roger. Addio, Sua Maestà. Due così, santi subito, in senso laico.