Restiamo ben vigili
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Per una settimana Asia non la vedrò più perché è a far carnevale. Non mi ha detto quale maschera indosserà: troppo imbarazzata nello scegliere personaggi della sacra terra del Ticino tutta noiosamente avvitata sull’inconcludenza politica, stava meditando di vestirsi da Viola Amherd e di andare al Rabadan a raccontare barzellette sull’Esercito, sull’Intelligence e sulla RUAG, facendo finta di essere in Consiglio federale. Fughe di barzellette da Palazzo federale non dovrebbero essere un reato. Alla fine non so cosa abbia deciso perché, nell’ultimo giro che abbiamo fatto sul battellino per trasportare Barbera fatto col mulo, tortelli e coriandoli nelle varie località del Ceresio, la discussione s’è fatta seria. A cinque anni esatti dal primo caso di coronavirus in Ticino (e in Svizzera), la mia amica microinfluencer del lago e content creator ha avviato una riflessione filosofica: che eredità ci ha lasciato la pandemia? Mah, il mondo ha ripreso a girare come prima, con i buoni e con i cattivi, e addirittura nuove esigenze mediche si stanno affermando. Dell’altro ieri è la notizia d’agenzia secondo cui «le offerte di ringiovanimento vaginale e di potenziamento del punto G stanno proliferando in Svizzera: si tratta di interventi che mirano a migliorare il comfort intimo della donna, aumentando di conseguenza l’accesso all’orgasmo. Ma non tutti giurano sulla loro efficacia». Asia vorrebbe chiedere un parere al dottor Merlani che da medico cantonale è stato un riferimento durante la pandemia, ma è evidente che lo spirito è ritornato gagliardo dopo la COVID-19. Qualche scoria, certo, è rimasta. Da noi possiamo registrare l’eredità della patente di mafiosi che il consigliere comunale (e deputato) del Movimento per il socialismo Matteo Pronzini appioppò al Municipio di Bellinzona in merito ai 22 morti nella casa per anziani di Sementina dove, come poi appurato, le cose girarono veramente nel verso sbagliato.
Poiché l’Esecutivo turrito andò al Tribunale federale per contestare alcuni servizi della RSI sulla vicenda (tornando con le pive nel sacco), il fumantino Pronzini parlò di «intimidazione di stampo mafioso» verso i media. Sentitisi diffamati, i municipali allora in carica denunciarono il consigliere comunale trotzkista, assolto in Pretura penale lo scorso ottobre perché quella metafora, seppur al limite, andava contestualizzata in un preciso dibattito politico dai toni accessi. Anch’io e la mia amica ci siamo fregati le mani, tuttavia non è detta l’ultima parola perché quei municipali hanno fatto ricorso in Appello contro l’assoluzione e ora si attende il secondo giudizio. L’eredità più strisciante e pericolosa dei giorni ferali del coronavirus è però un’altra: la tentazione autoritaria. È successo ovunque. Qui, quando per gestire l’emergenza fu decretato lo stato di necessità, con libertà e democrazia sospese, Stato maggiore di condotta e Governo hanno fatto una specie di prova sociale generale, quasi orwelliana. A fin di bene, d’accordo, per tutelare un bene fondamentale come la salute pubblica, ma qualcuno s’è anche fatto prendere la mano, essere sceriffi dava soddisfazione, persino si istigava alla delazione. Sotto sotto il piacere dell’autoritarismo, che in altre parti del mondo si sta imponendo alla grande, un po’ è rimasto. Lo si intuisce da certi atteggiamenti malmostosi, da talune vicende che restano oscure, dal disessenso che indispettisce sempre più. Passino Rabadan, punto G e pinzillacchere varie, ma restiamo ben vigili.