Scelte di responsabilità e umanità
Sono umana, aveva sottolineato Sanna Marin. «E anche io a volte ho bisogno di gioia, divertimento e allegria nel mezzo di questi tempi bui». Avevano fatto scandalo alcuni video e alcune fotografie di una festa a cui la premier finlandese aveva partecipato con gli amici. «Non ho perso un solo giorno di lavoro. Voglio credere che le persone guarderanno a ciò che facciamo al lavoro piuttosto che a ciò che facciamo nel nostro tempo libero. Non ho mai lasciato un singolo compito incompiuto. Sto imparando». Era lo scorso mese di agosto. E Sanna Marin si scusava pubblicamente davanti a tutto il suo Paese.
A inizio novembre, Simonetta Sommaruga rinunciava alla sua poltrona nell’Esecutivo nazionale. «Mio marito ha avuto un ictus, è stato uno choc». Aveva quindi aggiunto: «La funzione di consigliera federale richiede il massimo impegno. Ho svolto il mio lavoro con grande perseveranza, con gioia e passione. Sono contenta di essere consigliera federale e lo rimango fino alla fine».
«Avere un ruolo così privilegiato comporta grandi responsabilità, tra cui quella di sapere in quale momento sei la persona giusta per stare al comando e anche in quale momento non lo sei». In Nuova Zelanda hanno fatto notizia, pochi giorni fa, le dimissioni della premier Jacinda Ardern, 42 anni. «Sono umana», ha detto. Anche lei, sì. Anche la premier neozelandese, in carica da cinque anni, ha usato questo termine, «umana». Proprio come Sanna Marin, che dal canto suo, nonostante tutto - tutta la pressione, tutte le strumentalizzazioni -, è invece rimasta in carica. E commossa, Ardern ha aggiunto: «Noi diamo tutto quello che possiamo per tutto il tempo che possiamo, e poi arriva il momento. E per me quel momento è arrivato. Ho dato tutta me stessa per essere primo ministro, ma mi è anche costato molto».
Tre situazioni diverse in tre contesti diversi. Tre donne diverse. Ci sono però dei punti in comune, uno in particolare. Ed è facilmente riconoscibile in quel termine - umana -, in quella ricerca. La ricerca di una politica diversa, più a misura d’uomo e di donna, legata alle responsabilità e alle capacità, non alla durata prolungata all’infinito di un incarico, all’attaccamento alla poltrona. Jacinda Ardern è stata la donna giusta nel momento giusto. Ha saputo guidare la Nuova Zelanda tra le difficoltà, ha preso decisioni complesse in fasi inedite e in contesti drammatici - basti pensare alla sua pronta reazione alla strage di Christchurch, 51 vittime -. È diventata madre ed è madre, trovando nella maternità la forza di portare al proprio Paese, e non solo, un segnale, sulla necessità di un cambiamento culturale nella conciliabilità tra lavoro e famiglia. E il suo abbandono non indebolisce in nulla la forza di questo messaggio, anzi. Allo stesso modo, le dimissioni di Simonetta Sommaruga non vanno certo interpretate come una resa, ma per quello che sono: una scelta, una scelta umanissima e responsabile. Non a caso, annunciando il suo addio, ha posto l’accento sulla collegialità. «Sono sempre stata convinta che l’intelligenza collettiva sia la più preziosa». Tradotto: il Consiglio federale è fatto di persone che garantiscono equilibri per il bene collettivo. Ma sono garanzie comunque legate alla salute e alle motivazioni delle singole persone, delle singole personalità.
Non possiamo non apprezzare e non condividere il richiamo a una dimensione più umana della politica. Che poi è anche un richiamo alla comprensione della popolazione di fronte alla fatica di chi ci governa. È, in tutti i casi, qualcosa che va oltre l’essere uomo o l’essere donna. «Ve lo dico a cuore aperto: non riesco più a immaginarmi nella posizione che finora ho cercato sinceramente e con tutto il cuore di fare mia. A tutti chiedo da subito perdono». Le parole sono di Valerio Lazzeri, ottobre 2022.