Stringere la mano
Qualche anno fa una collega docente universitaria mi diceva di aver appena preso parte alla cerimonia di conferimento dei diplomi di Master. Gli studenti venivano chiamati uno per uno e nel passare davanti alla commissione, dove lei era l’unica donna, stringevano la mano ai membri, Arrivati davanti alla professoressa, due studenti provenienti dalla Libia non avevano stretto la mano da lei porta bensì, posta la mano sinistra dietro la schiena e la destra al petto, avevano accennato a un inchino. La collega era rimasta malissimo, lì con la mano penzoloni. Richiesti di spiegare il loro atteggiamento, i due avevano risposto che si trattava di una forma di rispetto nei suoi confronti in quanto donna.
Qualche giorno fa lo stesso comportamento è stato tenuto dal leader siriano Al Jolani, che non ha stretto la mano tesa da Annalena Baerbock, ministra degli esteri tedesca, ma quella del ministro degli esteri francese sì. Un atteggiamento di rispetto?
Ora che l’Istituto dell’Enciclopedia Italiana Treccani ha dichiarato parola dell’anno 2024 proprio «rispetto», non posso non esprimere alcune considerazioni in merito a questi incresciosi episodi, e dire che definire «rispetto» un comportamento a dir poco paternalista nei confronti delle donne mi pare una bestemmia. Ai tempi di quella storia avevo condotto alcune ricerche e scoperto che tutto si basa sulla teoria della «perla nella conchiglia». La donna è come la perla della conchiglia, preziosa ma fragile, e va dunque protetta. Ovviamente da parte degli uomini, che trasformano le valve della conchiglia in un abito protettivo, che copra e veli la donna; in una abitazione sicura, che tenga la donna in casa (la stessa docente aveva aggiunto che le ragazze non potevano uscire dal loro paese per frequentare il Master se non accompagnate dal marito); in una condizione sociale che tiene le donne lontane da «pericolose» attività politiche e simili.
Ma rispetto è un sostantivo che ha poco senso se non accompagnato dagli aggettivi uguale e reciproco. Altrimenti indica soltanto atteggiamenti di benevolenza, protezione o paternalismo, irritanti e indisponenti, se non addirittura di oppressione e inferiorizzazione, generatori di insofferenza e ribellione.
Oltre a ciò, più grave è stato il comportamento degli studenti libici in Italia che non quello del leader siriano in Siria, che potrebbe sempre obiettare: qui si fa così. Negli stati di diritto invece no, ed è per questo che lo invito caldamente, se si recherà in paesi che hanno firmato la Dichiarazione universale dei diritti umani, a stringere la mano alle donne (e magari anche a firmare la Dichiarazione stessa). Il rispetto dei diritti umani, di tutti, maschi e femmine, uguale e reciproco, è un’altra cosa. Chiedetelo ad Aretha Franklin.