Taca la bala

Toh, il VAR sotto attacco

In Inghilterra è il Wolverhampton a lanciare accuse - Ribadito il concetto secondo cui la tecnologia rovina l'euforia, la passione, la felicità o la tristezza che contribuiscono a creare la magìa del calcio
Tarcisio Bullo
Tarcisio Bullo
17.05.2024 06:00

Incredulo, ma per nulla... affranto, mi chino sulla notizia del momento, che per quanto concerne il calcio non si riferisce di certo al mercato e ai possibili scenari che si disegnano per la prossima stagione, quanto alla proposta del Wolverhampton di chiamare gli azionisti della Premier League ad una decisione in merito al proseguimento del campionato, nei prossimi anni, con la tecnologia del VAR.

I miei quattro lettori probabilmente si ricordano che ho sempre osteggiato il VAR, non fosse che per una questione di principio: è una tecnologia che si applica al calcio dei ricchi, di coloro che non possono tollerare l’errore arbitrale - da iscrivere a bilancio di una partita esattamente come l’errore del portiere o dell’attaccante - per una mera questione di soldi. Se non che, il calcio è uno sport universale, dovrebbe applicare regole uguali per tutti in qualsiasi campionato, a qualsiasi livello. E allora com’è che sui campi periferici, sui terreni di gioco dei tornei giovanili e in molti campionati che non vanno per la maggiore questa tecnologia non c’è?

Okay, ho capito: sto combattendo una battaglia di retroguardia, sono un inguaribile nostalgico, posto fuori corso dall’evoluzione degli eventi. Però a quanto pare non sono il solo e la fila di coloro che si erano illusi che il VAR potesse mettere fine ai dubbi, alle polemiche e alle discussioni infinite attorno ad un episodio del gioco, si stanno ingrossando sempre più. Prendete la Svezia, per esempio, che come riportano i media vicini a quel campionato ha da poco rifiutato l’introduzione del VAR. A quanto pare, sotto la spinta dei tifosi dei club, che come in Germania sono i grandi azionisti delle società calcistiche. Uno di loro, tale Ola Thews, vicepresidente della più grande organizzazione di tifosi dell’AIK Stoccolma, ha semplicemente archiviato l’argomento VAR dicendo «È il simbolo del calcio moderno, commercializzato fino al punto di distruzione. Rovina l’euforia, la passione, la felicità o la tristezza, che derivano da un gol subito o da un gol segnato, quando non sei sicuro di cosa sia successo finché non è stato rivisto e deciso in una stanza». Toh, uno che la pensa un po’ come me...

In Inghilterra probabilmente il Wolverhampton non riuscirà a vincere la sua battaglia (sembra che la maggioranza dei club sia contraria all’abolizione della tecnologia che soccorre gli arbitri), ma intanto, considerato il no svedese e le proteste che montano un po’ dappertutto in Europa, con la sua richiesta ha aperto una breccia che non si sa dove potrà condurre in futuro, a patto che le federazioni nazionali rimangano sovrane per questo tipo di decisioni, un domani magari imposte dall’alto, per esempio dall’UEFA (fortunatamente, al momento non è il caso).

Ma cosa rimprovera il Wolverhampton al VAR? Intanto una serie di errori a suo danno che hanno del clamoroso, ma soprattutto una serie di numerose conseguenze indesiderate che a detta dei dirigenti del club inglese stanno danneggiando il rapporto tra tifosi e calcio. Tra queste, affermano, «l’impatto sulle celebrazioni dei gol e sulla passione spontanea che rende il calcio speciale. C’è frustrazione e confusione all’interno degli stadi a causa dei lunghi controlli VAR e della scarsa comunicazione, oltre a continui errori, un’atmosfera più ostile con proteste, fischi all’inno della Premier League e cori contro il VAR».

Riconosciamo, saremmo stolti altrimenti, che in qualche frangente il VAR ha risolto situazioni complicate e altrimenti difficilmente decifrabili, ma ha sicuramente tolto gran parte della magia del calcio, ci ha derubato delle emozioni. E in molti cominciano a chiedersi se tutto questo, per un pugno di decisioni azzeccate in più, ne valesse davvero la pena.