Trump e gli altri

La promessa di Donald Trump di una nuova età dell’oro per gli Stati Uniti non convince affatto Wall Street che da alcune settimane ha invece imboccato la strada di continui cali e sembra quindi temere una prossima recessione dell’economia americana. La caduta degli indici azionari americani è stata avviata dalla folle guerra dei dazi e dai piani di tagli del personale dell’amministrazione condotti da Elon Musk. Questi fattori però non possono nascondere il fatto che stanno venendo al pettine gli squilibri che hanno permesso la crescita eccezionale degli ultimi anni, che si chiamano un enorme disavanzo pubblico, che supera oramai il 120% del PIL, un deficit commerciale che continua ad allargarsi e infine una bolla speculativa di grandi dimensioni dei titoli azionari delle società attive nel campo delle nuove tecnologie e in particolare in quelle attive nell’Intelligenza artificiale. La capitalizzazione di quelle che sono state chiamate le «Magnifiche sette» è arrivata a rappresentare il 60% della borsa americana. E proprio le azioni di queste società stanno trascinando la borsa al ribasso dopo che l’AI cinese (DeepSeek) sviluppata con bisogni finanziari limitati ha dimostrato la scarsa validità dei loro piani di investimento plurimiliardari. È impossibile dire oggi se questa correzione delle borse prefigura un rallentamento dell’economia americana, una recessione oppure l’inizio di una grave crisi. È comunque certo che il vero problema degli Stati Uniti è rappresentato dalla difesa del dollaro, quale moneta mondiale, e quindi dal finanziamento dei loro disavanzi pubblici e commerciali che oggi sono assicurati dagli investitori e dai Paesi stranieri. Dato che sia i democratici sia i repubblicani non vogliono operare tagli alla spesa pubblica (i tagli di Elon Musk sono ridicoli e creano solo ulteriore incertezza) e ancor meno aumentare la pressione fiscale (Donald Trump vuole addirittura procedere con nuove diminuzioni delle imposte), occorre seguire un’altra strada. E l’amministrazione sta studiando una nuova strategia, di cui alcuni elementi sono già apparsi nella stampa anglosassone. Questo piano consisterebbe nell’uso della caduta delle borse e della guerra commerciale in strumenti per costringere gli altri Paesi a sottoscrivere obbligazioni trentennali del debito pubblico statunitense. In pratica, tutto ciò che sta accadendo oggi non sarebbe più casuale, ma farebbe parte di un «Deal», tanto caro a Trump, confezionato a tavolino. Nessuno sa se questo piano verrà veramente attuato, ma è certo che è terribilmente pericoloso per l’economia mondiale.
Quindi, anche per sollevare il morale, è invece molto importante sottolineare quanto intende fare il nuovo governo tedesco guidato da Friedrich Merz e che potrebbe trasformare la Germania dal malato d’Europa al nuovo motore del Vecchio Continente. Eliminare la regola costituzionale dello «disavanzo pubblico zero» in modo da poter investire nei prossimi 500 miliardi di euro nelle decadenti infrastrutture tedesche e altri 500 miliardi nella conversione di settori industriali in difficoltà in fabbriche di armi. Se, come è probabile, riuscirà a superare l’opposizione dei Verdi, la Germania ricomincerà a crescere da quest’anno e a trascinare la ripresa dell’intera economia europea. Insomma, il Vecchio Continente potrebbe strappare agli Stati Uniti il testimone della ripresa.