Il commento

Trump, una mossa da figlio di Putin

Il presidente USA sospende gli aiuti militari all'Ucraina finché Zelensky non sarà disposto a trattare per la pace: il leader di Kiev duramente attaccato, mentre al presidente russo carezze di velluto
Michele Montanari
04.03.2025 13:30

La vendetta è un piatto che va servito freddo. L’immediata reazione di Donald Trump, dopo l’acceso scontro con Volodymyr Zelensky nello Studio Ovale, era solo l’antipasto. Nelle scorse ore è arrivata la portata principale, un boccone al veleno: niente più aiuti militari a Kiev. La decisione del presidente USA di sospendere temporaneamente le spedizioni di armamenti è un colpo di ghigliottina sul collo dell’Ucraina, dopo settimane di tensioni e attriti.

Il blocco agli aiuti potrebbe avere effetti devastanti sulle capacità di combattimento dell'Ucraina, da mesi in difficoltà nel Donbass, con le truppe russe che avanzano un centimetro alla volta. Perché in guerra ogni centimetro conta, così come ogni secondo. I numeri fanno la differenza. Anche un solo missile antiaereo rimasto nel magazzino, è una questione di vita o di morte. Oggi quei missili intercettano i droni kamikaze e le bombe russe. Domani non si sa.

Secondo la CNN, l'ordine di Trump resterà in vigore finché Zelensky non si impegnerà a cercare colloqui di pace. Già, ma quale pace? Quella del tycoon è più di una semplice minaccia, è un ricatto, perché senza il supporto americano, l’Ucraina si trova a negoziare con la Russia da una posizione di fortissimo svantaggio. L’Europa ha più volte affermato di voler portare Kiev al tavolo delle trattative con carte vincenti da giocare. Senza gli USA non sarà possibile.

«Il presidente è stato chiaro nel dire che è concentrato sulla pace. Abbiamo bisogno che anche i nostri partner si impegnino per raggiungere questo obiettivo. Stiamo sospendendo e rivedendo i nostri aiuti per assicurarci che contribuiscano a una soluzione», ha riferito alla CNN un funzionario della Casa Bianca.

Intenti da Premio Nobel, che però puzzano terribilmente di denaro. Trump vuole l’accordo sulle terre rare ucraine. Si parla di centinaia di miliardi dollari. Un prezzo troppo alto per Kiev, molto maggiore rispetto agli aiuti militari elargiti da Washington in tre anni di guerra. Dall'altro lato, c'è la consegna di un Paese al suo invasore. Una pistola puntata alla tempia di Zelensky, il quale non intende trattare senza le garanzie di sicurezza di fronte a una possibile nuova aggressione russa.

Di più, parole che emanano fetore di rivalità politica. Il vice presidente JD Vance, in quel famoso scontro a favore di telecamere già consegnato alla storia, ha accusato il leader di Kiev di aver fatto campagna elettorale per Joe Biden. I vertici della Casa Bianca si sono tolti più di un sassolino dalla scarpa, di cui l’ultimo, il blocco del sostegno militare, pesante come un macigno.

Zelensky è stato preso a pugni in faccia, mentre a Putin solo carezze di velluto. Trump ha chiaramente detto di non voler condannare il presidente russo, anche perché sarebbe poi impossibile portarlo al tavolo delle trattative. Giustissimo, non fosse altro che il leader di Kiev è stato massacrato pubblicamente, pure per i suoi vestiti, e accusato di essere un dittatore. Il tycoon ha sposato la narrazione del Cremlino, facendo ricadere sull’Ucraina tutta la responsabilità del conflitto. È in questo modo che si negozia la pace?

Secondo gli analisti, senza i rifornimenti americani, Kiev potrebbe mantenere l’attuale ritmo di battaglia fino all’estate, mentre l’Europa è troppo in ritardo e disunita per poter rimpiazzare le bocche da fuoco di «Zio Sam». Trump sembra volersi auto-incoronare portatore di pace, obbligando Zelensky a posare le armi mentre nei territori ucraini occupati sventolano bandiere tricolori. Uno schiaffo a chi combatte e a tutti i leader europei, dopo che la scorsa domenica si sono incontrati a Londra per mostrare il proprio sostegno incondizionato a Kiev.

Ancora una volta il mondo si è capovolto, con il presidente degli Stati Uniti che spalleggia gli invasori russi per recuperare gli investimenti americani in Ucraina, mentre a Israele continuano ad arrivare miliardi di dollari in armamenti. Ma oltre al vile denaro, c'è la reputazione: il tycoon è intenzionato a mantenere la promessa fatta in campagna elettorale, quella - già fallita - di porre fine alla guerra «entro 24 ore», spazzando via il sostegno militare voluto da quell'«incapace» di Biden. Tutto per il proprio tornaconto, a costo di sembrare un vero figlio di Putin.