L'editoriale

Un pregiudizio che smaschera la nostra fragilità

La nostra riflessione dopo la panne informatica che ieri mattina ha causato importanti disagi in tutto il mondo, tra voli cancellati e imprese in difficoltà
Paolo Galli
20.07.2024 06:00

Sono stati i russi. I russi, i russi, i nordcoreani... Non è una canzone di Lucio Dalla, bensì ciò che molti hanno pensato ieri mattina di fronte al crollo dell’informatica mondiale. I sistemi si sono ritrovati in ginocchio. Le banche, le compagnie aeree, e poi i media. Non si riusciva neppure a prendere la linea telefonica. Una mattina spenta, come quando in casa, la sera, via la luce per chissà quale blackout, ci si ritrovava ad accendere una candela e ad armeggiare con le valvole. Ripercorriamo le notizie emerse a mano a mano ieri, e le parole ricorrenti sono le seguenti: «Problemi sono stati segnalati anche per...». Un’azienda dopo l’altra. Nomi grossi. E subito si è pensato a un attacco informatico, un attacco ai nostri dati, a ciò che certifica il nostro benessere, un attacco all’Occidente. Da parte di chi? Gli occhi si sono spostati verso Est, appunto verso la Russia, verso la Corea del Nord. Il fatto è che ci sentiamo, in qualche modo, sotto scacco, potenziali vittime di chissà quale attacco. Ennesimo segnale, questo, che avvertiamo la guerra come vicina, se non in corso. Una guerra che ci tocca e che ci coinvolge. Non per niente giovedì mattina, nel suo discorso all’Europarlamento, Ursula von der Leyen aveva parlato dell’importanza, per l’Europa, di equipaggiarsi di uno «scudo europeo della democrazia». «Oggi le nostre democrazie sono minacciate», diceva. E non solo: «È urgente dotare l’Unione europea di strumenti efficaci di difesa informatica». Perché «mai, da decenni, il livello di minacce e attacchi ibridi è stato così alto». Quello di ieri è stato come un riflesso, il quale però cela un reale timore, e anche un pregiudizio. Ma ci fa riflettere sulla necessità, anche al netto delle parole di von der Leyen, di una maggiore protezione informatica. Che parte dall’atteggiamento di noi tutti, nel gestire i nostri dati, la nostra intimità e la nostra sicurezza. E arriva ai massimi sistemi, alle istituzioni. Ieri si è trattato di un guasto informatico, un guasto che ha causato problemi in gran parte del mondo. Ma ci siamo riscoperti fragili. E i muscoli di Trump non ci fanno sentire meno vulnerabili.

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