WEF Davos, economia con tanta geopolitica
Continua a chiamarsi World Economic Forum ed è dunque chiaro che i temi economici saranno ben presenti nel convegno internazionale di Davos, che quest’anno si tiene dal 20 al 24 gennaio. Tuttavia, è altrettanto chiaro che la geopolitica sarà pure presente, e in dosi massicce, durante l’incontro mondiale in terra elvetica. Se da un lato è vero che i temi geopolitici da tempo fanno parte dell’ossatura del WEF, dall’altro è anche vero che negli ultimi anni la loro presenza è aumentata. Il fatto che l’apertura del Forum sia nello stesso giorno del ritorno di Trump alla Casa Bianca con ogni probabilità favorirà ancor più il campo della geopolitica, nell’attesa del videocollegamento con il WEF dello stesso Trump, previsto per giovedì.
Presenti entrambe nello schema di Davos, la geopolitica e l’economia nella realtà mondiale hanno peraltro, specie nella fase attuale, dinamiche molto diverse. Con la prima che non va bene e scarica le sue tensioni sulla seconda. L’attesa tregua a Gaza può migliorare senz’altro il quadro, ma molto altro purtroppo resta. L’anno scorso al Forum era d’altronde già emersa una divaricazione tra un’economia globale che mostrava resilienza ed una geopolitica invece in acque molto agitate, con uno scenario sia di contrasti politici sia di guerre. Il quadro economico, pur con problemi, di suo andava e va nel complesso meglio di quanto parecchi avevano previsto. E poteva, potrebbe, andare ancor meglio se il fardello della geopolitica fosse minore.
Il pericolo maggiore in campo economico, quello di una recessione mondiale, è stato sin qui evitato. I Paesi che hanno avuto una recessione annua sono pochi. Il Fondo monetario internazionale (FMI) ha indicato ieri una crescita mondiale del 3,3% per il 2025, dopo il 3,2% del 2024. In dicembre, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) aveva fornito stime analoghe. Sempre il mese scorso, la Banca mondiale (BM) ha ribadito le sue previsioni: 2,7% nel 2025, dopo il 2,6% del 2024. Queste e altre istituzioni internazionali indicano come si vede cifre di crescita abbastanza simili e parlano di rallentamento economico, non di segno complessivo negativo. Le stesse istituzioni mettono in guardia contro incertezze e rischi, ciò è naturale, ma è evidente la differenza tra una crescita mondiale rallentata, che è il minore dei mali nella realtà attuale, e una contrazione economica complessiva.
Occorre ricordare che una vera caduta dell’economia globale c’è stata nel 2020, con la pandemia; nel 2021 c’è stato un forte rimbalzo e negli anni successivi la crescita non è rimasta allo stesso alto livello e però tra il 2022 e il 2024 non c’è stata appunto recessione mondiale. Il post pandemia, con le strettoie nelle catene di approvvigionamento, e molti altri elementi hanno portato ad un’impennata dell’inflazione. Il rischio di un ritorno dei rincari esiste sempre, tanto più se gli USA di Trump faranno l’errore di alimentare a dismisura la guerra dei dazi, ma l’inflazione per ora è scesa dai picchi e le banche centrali hanno potuto diminuire i tassi di interesse, sostenendo così un po’ più di prima la crescita.
Sul quadro economico, non celestiale ma neppure catastrofico, pende però appunto la spada di Damocle della geopolitica. Pensando ad un mondo con minori tensioni politiche e commerciali (specie tra Occidente e Cina), con minori contrasti interni nei Paesi democratici, con l’assenza di fatti terribili come le guerre (Russia-Ucraina, Israele-Palestina, altre), ebbene si avrebbe anche l’immagine di un’economia globale che potrebbe procedere con passo più spedito. Ma la geopolitica attuale purtroppo è pesante. In attesa di un calo almeno parziale delle tensioni geopolitiche – si vedrà anche a Davos se ci saranno segnali in questo senso o no – occorre auspicare che molte economie, inclusa quella svizzera, mantengano la stessa resilienza messa in mostra sin qui.