Adozioni, il rispetto della legge e i bambini da amare
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Noi svizzeri non siamo abituati ai colpi di testa, bensì alle decisioni ponderate all’insegna dell’equilibrio. Un atteggiamento che è profondamente radicato nel modo elvetico di agire e che è fatto proprio, in primis, dalla Berna federale. Governo e Parlamento esaminano, si confrontano, dibattono, consultano, si rimpallano i dossier da una Camera all’altra, quasi fosse una partita di tennis, e poi giungono alla conclusione. Così si fa, di regola. Ma ogni regola ha la sua eccezione. Nella fattispecie a sfuggire di mano al Consiglio federale è un dossier che, per delicatezza e umanità, avrebbe dovuto rigidamente sottostare alla regola. Ci riferiamo all’adozione internazionale e al taglio netto che intende dare il Governo promulgando un rigido, definitivo e arrendevole divieto. Il tutto lascia allibiti e non trova giustificazione alcuna. La speranza è che il polverone sollevato dall’indelicata comunicazione di pancia fatta dal socialista Beat Jans a nome del Governo, generi una reazione di testa per correggere la rotta. Va riconosciuto che l’adozione internazionale, oltre ad animare tante persone di cuore e mosse dalla buonafede, ha visto in alcuni Paesi nascere un sottobosco di approfittatori che hanno agito nell’illegalità per intascare soldi a scapito di genitori disperati dal desiderio di avere un figlio, non riuscendoci in maniera naturale e disposti a tutto pur di riuscirci. Casi estremi, casi limite, ma casi reali. Oggi si parla apertamente del fenomeno, ma solo perché la volontà è di dare vita a un divieto di queste adozioni. Prima si sono chiusi gli occhi, oggi si chiudono le porte. Un divieto è sempre sinonimo di resa, l’ammissione di una sconfitta, la conclusione a cui giunge chi si dimostra incapace e non all’altezza del compito. Ma non va omesso anche che l’adozione nazionale rimane una facoltà, anche se poggia su basi, regole e un processo diverso. Intanto sottolineiamo che la soluzione di dare un colpo di spugna è semplice, finanche semplicistica e per questo riteniamo che vada combattuta. Le regole in atto non sono state all’altezza, talvolta sono state raggirate. Ma la rinuncia non è esattamente il male minore è la resa di fronte a un sottobosco che non smetterà di crescere. Chi è riuscito a trovare margini per farla franca tra le fin troppo larghe maglie della Giustizia, troverà l’autostrada spianata per inventarsi altre mosse dopo quella che suona come una vittoria, con lo Stato che batte vergognosamente in ritirata. Ma ci facciano capire a Berna le loro intenzioni: fare il bene di un bambino meno fortunato significa rinunciare a dargli la possibilità di avere una famiglia, una mamma, un papà, una casa e una vita stabile e possibilmente felice? Quando Jans afferma che «non c’è un diritto all’adozione», dice qualcosa di sostenibile dal profilo del freddo calcolatore. Ma questa affermazione non ha nulla di umano e in Ticino per le 17 famiglie che solo lo scorso anno sono diventate un nucleo con almeno un figlio adottato (30 in Svizzera) risuona come un’assoluta mancanza di delicatezza e umanità. Un sentimento che avranno provato migliaia di genitori adottivi e della quale potrebbero soffrire coloro giunti da noi tra le braccia di mamma e papà che non hanno conosciuto nove mesi di grande impegno e tante attenzioni, bensì anni, magari tra tentativi non andati a buon fine e sfiancanti esami d’ogni genere prima di trovarsi in un posto sperduto del mondo per un naturale e gioioso scambio di affetto e amore con un figlio. Il proprio figlio, né più né meno di quello generato da una coppia e partorito dalla donna tenendo la mano del papà al suo fianco. Il Consiglio federale si è mosso come un elefante in cristalleria negando quello che è un atto d’amore collettivo. Quello che ci attendiamo adesso è una reazione in grado di indurre la politica federale a fare cambiare idea al Consiglio federale, sostituendo il passo indietro, con un passo a lato e poi uno in avanti. Si intervenga pure drasticamente tagliando i ponti con chi è stato scorretto e disonesto, finanche bieco approfittatore. Intanto però si lavori con chi è serio e affidabile, mettendo (anche pesantemente) mano alla legge. Di fronte a quanto sta accadendo in questi giorni non si può restare in silenzio, facendo finta che tutto vada bene così. Il Governo e Jans hanno mostrato il loro lato peggiore, paradossalmente assurdo. La preoccupazione di frenare le adozioni problematiche, come detto, è da condividere, ma non possiamo tacere che nel frattempo è ormai agli sgoccioli la pazienza di fronte all’immobilismo, alla rinuncia a mettere mano alle pene per preservare i più giovani, nella fattispecie nei casi di abusi su fanciulli. In questo ambito il buonismo la fa purtroppo da padrone e le pene che vengono talvolta comminate risultano irrisorie. Protezione e adozione sono un po’ le due facce della stessa medaglia. Meritano attenzione e tanta, tanta umanità. Alla politica trovare una soluzione legalmente, e praticamente, adeguata a entrambe le realtà.