Bellinzona ora deve costruire l'identità
Tieni conto di cosa ho fatto per amore e usami indulgenza per cosa ho fatto per forza». Beppe Fenoglio è uno degli scrittori preferiti da Mario Branda, sindaco di Bellinzona da dieci anni. Entrambi hanno dimostrato di avere a cuore, in epoche diverse e con tutti i distinguo del caso, la loro terra, rispettivamente le Langhe e la Turrita. Si sono fatti interpreti del cambiamento. Nel primo caso il passaggio da una società agricola ad una moderna. Per quanto riguarda la capitale, invece, il progresso è stato dettato dall’aggregazione. Un’impresa, quest’ultima, perché unire in una volta sola 13 Comuni è stato un rischio. Calcolato, certo, ma pur sempre un azzardo. La scommessa non è ancora stata completamente vinta, per stessa ammissione del suo timoniere che si è messo a nudo nell’intervista che pubblichiamo nell’edizione odierna.
Dopo cinque anni una certezza è però sotto gli occhi di tutti. Grazie alla fusione Bellinzona ha potuto vincere delle sfide e raggiungere degli obiettivi che altrimenti sarebbero rimasti tali. La sua voce ora è ascoltata. Sa di potersi far valere nella stanza dei bottoni, a più livelli. Quella consapevolezza di essere non soltanto «nuova» ma anche un po’ più «grande». Una capitale a tutti gli effetti che non vuole sfidare Lugano, ma equilibrare le forze in un Ticino che – spiace ammetterlo – a volte cade ancora nell’atavica divisione fra Sopra- e Sottoceneri. Ma questo è un ginepraio nel quale non vogliamo cacciarci. Lasciamo volentieri l’incombenza ai politici. Diciamo solo che al di qua del Monte Ceneri si guarda alla Città sul Ceresio con meno invidia. La Turrita oltre ai castelli (anzi, la Fortezza, che verrà presto valorizzata) ed al carnevale Rabadan ha ed avrà, entro 10-20 anni, qualcos’altro di cui vantarsi.
Innanzitutto un polo biomedico in costante sviluppo che, trainato dall’IRB e dallo IOR, sta crescendo con lungimiranza. Fra un decennio scarso si toglieranno i veli all’avanguardistico quartiere alle ex Officine FFS, dove troveranno casa il Parco dell’innovazione, la SUPSI, contenuti formativi, residenziali e commerciali nonché un centro culturale e sociale nella storica «Cattedrale». Sì, perché dal 2026 i treni e le locomotive si ripareranno qualche chilometro più a nord, a Castione, che accoglierà lo stabilimento più performante d’Europa. Senza l’aggregazione un impianto da 580 milioni (di cui 20 messi dalla Turrita) sarebbe rimasto una chimera. Idem il futuro ospedale regionale alla Saleggina, frutto di un’operazione che ha messo d’accordo Armasuisse, il Cantone ed AlpTransit sotto l’accorta regia della Città. Impensabile fino ad un lustro fa.
Potremmo citare altri progetti, ma è giusto concentrarsi anche su quello che è andato storto e su ciò che resta da fare. Lo scivolone dei sorpassi di spesa in tre opere comunali e la gestione del coronavirus alla casa anziani di Sementina sono macchie indelebili. Hanno minato la fiducia dei cittadini, che è lungi dall’essere stata riconquistata. Non solo. Hanno rallentato il processo di creazione di quel concetto di identità fondamentale in una fusione. Non tutti gli abitanti dei quartieri, oggi, si sentono appieno bellinzonesi. Questo, unitamente alle finanze ballerine, è uno dei crucci di Mario Branda e dei suoi colleghi di Municipio, chiamati ad operare su due livelli che sovente si intersecano: i grossi cantieri e, banalmente, le incombenze di tutti i giorni, come il tombino non a livello o il parco giochi da sistemare. Per la maggior parte della popolazione i secondi valgono quanto o persino più dei primi, ma senza questi ultimi la capitale non potrà spiccare il volo. Va trovata la quadratura del cerchio. Per non dover chiedere nulla al cielo come facevano i protagonisti dei romanzi di Fenoglio.