Democrazia in movimento e derive autoritarie

A livello geopolitico stiamo vivendo degli scossoni che stanno mettendo a durissima prova il concetto di democrazia. A dirlo, con estrema lucidità analitica è stato il consigliere federale Ignazio Cassis intervenuto una settimana fa al congresso del PLR in Ticino. Cassis è ministro spesso sottovalutato, finanche sbeffeggiato da avversari politici e da quell’istinto autolesionista tutto nostro che «se non critichi i tuoi conterranei, non sei un vero ticinese. Non fai notizia». Il che non significa applaudire ad ogni sua azione, ma avere l’onestà intellettuale di riconoscerne la statura politica quando mostra e dimostra la capacità di elevarsi rispetto alla ridondante cacofonia di frasi fatte e concetti triti e ritriti. La Svizzera, per nostra fortuna, conosce un sistema politico-democratico che ci protegge da alcune derive, come quelle che hanno preso piede negli USA con l’elezione del Trump-bis che ad oggi fa purtroppo rima con «sete di vendetta». Donald Trump vuole tutto e subito, mira più a sfamare il suo ego che a implementare riforme utili alla popolazione degli Stati Uniti. Conosce diversi emuli. Democrazia è anche cambiamento sulla base della volontà popolare, ma democrazia è pazienza, e la pazienza non è in contraddizione con il coraggio. E il coraggio si misura sulla portata dell’azione, non sulla velocità della stessa. La fretta porta a combinare disastri e l’arroganza ne è il detonatore. Viviamo una realtà nella quale il giornale che avete in mano e che conta ormai una consolidata storia, con pagine impresse dal 1891, continua (e continuerà) a dire la sua analizzando i fatti del nostro microcosmo e quanto accade in altri continenti e che, alla fine, volenti o nolenti, influisce sul modo di essere e di agire gli uomini e le donne della Svizzere e del Ticino, in primis i politici. Democrazia dal nostro punto di vista fa rima con libertà: di esprimersi, di agire, di decidere e di autodeterminarsi. Ma i social media producono un effetto dirompente sul nostro modo di essere. Volenti o nolenti ne siamo condizionati. Chi ha i capelli grigi è cresciuto con valori e principi impressi, chi diventa adulto e maggiorenne in questo tempo ha solo la certezza effimera dello schermo dello smartphone, dove tutto appare e scompare in un batter d’occhio. Non si tratta di predicare paternalisticamente un magari patetico ritorno al passato, ma tentare di fare entrare nella testa e nelle sane abitudini dei nostri ragazzi qualche valore concreto, non unicamente presunti eventi che si dimostrano effimeri. Il diritto di voto è un caposaldo dell’età adulta che aggiunge alla fin troppo facile parodia dei diritti, la realtà dei più impegnativi doveri.
Il voto è sempre più legato all’idea di comandare, di dare vita ad un uomo sempre più forte, un concetto che sorpassa in doppia linea la democrazia nel suo più autentico significato. Politica non è estremismo, non è bianco o nero, ma una somma di sfumature di grigio, di compromessi che, se calibrati, generano effetti positivi. Ma per avere occorre compiere qualche sacrificio e non pretendere unicamente dallo Stato. Altrimenti l’effetto perverso, di fronte al volere senza dare, è la discesa in campo di ciarlatani imbonitori che giocano facendosi forti del mondo social: noi ne facciamo volentieri a meno. Tutti democratici, per carità, tutti eletti dal popolo (direttamente o indirettamente), non dittatori, ma facenti funzione dietro il paravento democratico. Come ha osservato Cassis è quanto sta avvenendo in diversi Paesi con l’uso dello strumento democratico per ribellarsi alla democrazia stessa. Un cortocircuito che in Svizzera faticherebbe maggiormente a manifestarsi per la solidità delle nostre istituzioni, ma guai a sottovalutare la potenziale onda d’urto dell’effetto USA che in parte sta già arrivando. La marcata polarizzazione è l’anticamera del tentativo di cambiamento radicale. E la politica, in Svizzera come in Ticino, conosce già una marcata estremizzazione in ogni gesto e ogni azione. La capacità di dialogare è stata accantonata, il compromesso è diventato il peggior insulto e lo spirito autenticamente liberale è finito in soffitta. Il cambiamento sarà anche qualcosa di ineluttabile, la democrazia non può essere un concetto acquisito e immutabile, il cambiamento va accettato come il trascorrere del tempo e il nostro invecchiamento, ma forti e radicati devono restare i valori veri, quelli profondi, che non sono il mordi e fuggi. Quella capacità resiliente tanto invocata nel corso della pandemia (ricorderete il pacato e sereno tono di Christian Vitta, presidente del Governo ieri come pure oggi). È la forza di una comunità e di una realtà che da piccola può diventare virtuosamente grande sull’onda della democrazia in movimento, ma sempre sorretta dallo spirito liberale classico, figlio delle idee di pensatori illuministi quali Locke, Montesquieu e Kant. Avviso ai lettori più giovani: sullo schermo del vostro smartphone tutto questo non vi apparirà mai.