L'editoriale

È giunto il momento di chiudere il cerchio

Al match che potrebbe cambiare definitivamente la Svizzera, che potrebbe cambiarci definitivamente, si presentano due formazioni molto più vicine di quanto indichino le quotazioni di mercato
Massimo Solari
06.07.2024 06:00

Tre anni fa, a San Pietroburgo, Granit Xhaka non c’era. Squalificato, osservò da bordo campo i commoventi quarti di finale disputati dalla Svizzera contro la Spagna. Quelli persi ai rigori, sì, al tramonto di un Europeo chiuso in ogni caso da eroi. Proprio quest’ultima connotazione data al nostro torneo, complice l’eliminazione della Francia campione del mondo, fece passare in secondo piano l’assenza del capitano. Dopo tutto avevamo tenuto testa agli iberici. Dopo tutto essere riusciti a superare i maledetti ottavi costituiva già un traguardo tanto agognato, quanto clamoroso. Questa sera, nonostante le fatiche di una stagione infinita e vissuta sempre in prima linea, Granit Xhaka vivrà dunque il suo primo quarto di finale con la Nazionale. Da leader indiscusso. Da giocatore imprescindibile. Da ago della bilancia, anche.

A Düsseldorf affrontiamo l’Inghilterra dei grandi campioni. Una rosa dal valore stimato in 1,5 miliardi di euro. Noi? Ci fermiamo a 281,5 milioni. Numeri. Numeri che suggeriscono il potenziale della selezione di Gareth Southgate, certo. Ma che non costituiscono in alcun modo una sentenza in anticipo sul destino. Al match che potrebbe cambiare definitivamente la Svizzera, che potrebbe cambiarci definitivamente, si presentano due formazioni molto più vicine di quanto indichino le quotazioni di mercato. Anzi. Riconosciamolo: la compagine di Murat Yakin può vantare una consapevolezza mentale e una proposta di gioco sconosciute agli inglesi. Queste premesse, si badi bene, non bastano da sole per ribaltare forze in campo e pronostici. Perché partite del genere, con la storia che si concede in tutto il suo fascino, necessitano di prestazioni e protagonisti mostruosi. Le certezze emerse al cospetto di Germania e Italia, detto altrimenti, andranno trasformate in compimento ed eccellenza. Ne siamo capaci. Oh, sì. Per quanto la semifinale si mostri tangibile - come mai avvenuto in passato - abbiamo inoltre meno da perdere rispetto all’Inghilterra. Non c’è alcun motivo, insomma, per cui le gambe debbano tremare a Embolo e compagni. Nazionale e nazione marciano unite verso l’inaudito, spronandosi a vicenda, decise a dare ulteriore sostanza a un sogno che non è più tale. Perché la credibilità e le ambizioni dei rossocrociati sono autentiche. E bellissime. Senza che si avverta la necessità di ammantarle con una fragile retorica.

Per arrivare sin qui è servito un lungo percorso di crescita. Con i suoi ostacoli, i suoi passaggi a vuoto, le sue cadute rumorose. Sussulti e speranze tradite. Poesia e prosa. A indicarci la via, guarda caso, fu proprio un gentiluomo londinese. Trent’anni fa. Insieme a Roy Hodgson, e grazie a una generazione di giocatori speciali, tornammo infatti a sentirci vivi, capaci e desiderosi di fronteggiare le sfide imposte dal calcio moderno. Su su, fino ad oggi. Fino ai quarti di finale di Euro 2024, esame definitivo per un movimento che dispone di tutti i mezzi per superarlo. Per superarsi ancora. Tre anni fa, quando si era presentata la prima occasione per riuscirci, Granit Xhaka non c’era. La consacrazione della Svizzera, dunque, dipende anche da lui. Dopo aver trascinato il Bayer Leverkusen al successo, tramutando in oro i consigli e la visione di Xabi Alonso, il centrocampista si ritrova a un passo dalla gloria. Sempre in Germania, sempre guidato da un allenatore talentuoso con cui andava solo trovato un terreno d’intesa. Quale? La ricerca spasmodica della vittoria. Il 4 giugno del 2011 Xhaka esordiva con la maglia della Nazionale. A Wembley. Contro l’Inghilterra. E alla 130. presenza in rossocrociato, per il capitano dei record è giunto il momento di chiudere il cerchio.

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