L'editoriale

Franchigia minima, maneggiare con cura

Il terreno, sul tema della cassa malati, è politicamente sensibilissimo, ma un intervento ragionevole è necessario
Giovanni Galli
21.03.2025 06:00

Per ora, l’unica cosa certa è che il Governo è stato incaricato di adeguare la franchigia ordinaria di cassa malati alla situazione reale dei costi sanitari. Di quanto verrà alzata l’attuale soglia minima di 300 franchi, con quale meccanismo e a partire da quando non si sa. Fra la decisione di principio presa mercoledì dal Parlamento e la sua attuazione dovrebbe trascorrere ancora parecchio tempo.

La determinazione della franchigia è di competenza del Consiglio federale (per via di ordinanza), che dall’introduzione della LAMal, nel 1996, ha già operato due adeguamenti: il primo nel 1998, quando la partecipazione obbligatoria ai costi era stata portata dagli iniziali 150 a 230 franchi, e poi nel 2004 con l’aumento a 300 franchi, un importo rimasto invariato da allora. «I pazienti devono essere maggiormente incentivati a comportarsi in modo attento ai costi» aveva detto a suo tempo il Governo per giustificare il rialzo, pur riconoscendo che in fase di consultazione la maggioranza degli interpellati era contraria, soprattutto per motivi di politica sociale e familiare. Stavolta, l’operazione sarà un po’ più complicata perché il Parlamento non si limita a sollecitare un ritocco ma chiede un meccanismo per poter adeguare regolarmente la franchigia minima. Per questo passo occorrerà una modifica di legge che dovrà superare tutta la trafila, compreso lo scoglio di un eventuale referendum.

Una situazione più o meno simile si era già verificata nel 2019, quando su richiesta delle Camere il Consiglio federale aveva presentato un progetto in base al quale tutte le franchigie per gli adulti (dalla minima alla massima di 2.500 franchi) sarebbero dovute aumentare di 50 franchi non appena i costi lordi per persona avessero superato di tredici volte la franchigia ordinaria. La riforma (con la minaccia di un referendum) venne affondata in Parlamento sei mesi prima delle elezioni, con il voto contrario della maggioranza dell’UDC (che inizialmente figurava fra i fautori) e della sinistra. Forse anche per questo, adesso, sia i promotori dell’aumento della franchigia sia lo stesso Consiglio federale preferiscono procedere con cautela, senza fornire cifre concrete e indicare le possibili modalità del futuro adeguamento, che per espressa richiesta di chi l’ha voluto dovrà essere «moderato».

Il terreno è politicamente sensibilissimo, ma un intervento ragionevole è necessario. La soglia di 300 franchi è fissa da oltre vent’anni, sebbene da allora i costi dell’assicurazione obbligatoria per assicurato siano aumentati di oltre il 70% e l’inflazione si sia attestata intorno al 12%. Per tenere sotto controllo i costi vanno azionate tutte le leve. Dopo i fornitori di prestazioni, gli assicuratori e i Cantoni anche gli assicurati dovrebbero fare la loro parte, attraverso un rafforzamento della responsabilità individuale. Ben inteso, sull’incidenza della misura è opportuno procedere con la dovuta circospezione. Oggi come oggi, un aumento della franchigia minima di 300 franchi interesserebbe il 47% degli assicurati adulti, vale a dire circa 3,5 milioni di persone. Un’asticella più alta diminuirebbe la quota di costi a carico delle casse malati, con una iniziale riduzione del premio. E soprattutto dovrebbe anche incidere sulla domanda, e quindi sui comportamenti, incentivando gli assicurati a rinunciare a prestazioni non strettamente necessarie; per intendersi, a non andare dal medico per quisquilie.

Secondo uno studio commissionato dalla cassa malati Helsana al Centro per l’economia sanitaria di Basilea, le persone con una franchigia minima di 500 franchi richiedono circa 200 franchi di prestazioni in meno all’anno rispetto a chi ha la franchigia minima. Il potenziale di risparmio sarebbe di 1,2 miliardi di franchi. I premi per gli adulti diminuirebbero fino a 160 franchi all’anno. Va comunque considerato che lo studio stesso dice di aver trattato i dati degli assicurati Helsana fino a 64 anni, con un reddito familiare positivo. Il fatto è che con l’avanzare dell’età crescono anche le spese, in particolare quelle per le malattie croniche. La popolazione anziana con meno mezzi e le persone con redditi bassi verrebbero ulteriormente penalizzate da un sensibile rialzo della franchigia minima. Inoltre, si potrebbe aggravare il problema di chi già oggi (il 3,2%) rinuncia a trattamenti necessari per ragioni finanziarie. Questo rovescio della medaglia, tuttavia, non giustifica una preclusione di principio a qualsiasi intervento. Chi è in difficoltà può sempre essere aiutato. Gli strumenti non mancano. C’è anche l’esigenza di regolare il sistema sanitario. Est modus in rebus («esiste una misura nelle cose») dicevano i latini.

Con il dovuto criterio, bisogna trovare un nuovo equilibrio fra responsabilità e solidarietà, che non va strapazzata a scapito dei giovani. Il Governo ha indicato una serie di paletti: aumento moderato della franchigia minima, adeguamenti a intervalli ragionevoli e un dispositivo chiaro. È già un primo passo.   

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