L'editoriale

Francia: adesso si apre una nuova partita

Verso un nuovo voto, decisivo per la tenuta dell'Unione europea che fatica a digerire (ma assimila meglio del previsto) l’ondata nazionalista e sovranista – Ognuno è costretto a scegliere il suo peggior alleato per combattere quello che è ritenuto il male maggiore
Ferruccio de Bortoli
Ferruccio de Bortoli
02.07.2024 06:00

La partecipazione dei votanti a percentuali novecentesche (66,7) è già un successo di cui rallegrarsi. L’indifferenza è più temibile, per il futuro delle nostre democrazie, del voto contrario alle nostre idee. Ora si apre un’altra partita. Decisiva, non solo per la Francia, ma soprattutto per la tenuta dell’Unione europea che fatica a digerire (ma assimila meglio del previsto) l’ondata nazionalista e sovranista. Le elezioni di domenica prossima non sono solo il secondo turno delle legislative. Sono un confronto totalmente differente. Il sistema elettorale con i ballottaggi ha sempre tenuto fuori dal potere, e persino dalla rappresentanza, i lepenisti e gli eredi di Vichy. È stato pensato per tagliare le estreme, a sinistra come a destra. Rassemblement National è però ormai il partito più votato. Ha la maggioranza relativa e punta a ottenere, nella ripartizione dei seggi, quella assoluta. E paradossalmente - come ha fatto domenica sera Jordan Bardella - ha impugnato l’arma della governabilità per avere un mandato pieno, la stessa usata a lungo per lasciar fuori l’estrema destra. Per impedire che Bardella diventi il nuovo premier - in un’inedita coabitazione con Emmanuel Macron - si propone uno sbarramento repubblicano che mette insieme posizioni, a volte inconciliabili se non opposte.

Qualche esempio. Gli elettori della France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon, che odia Macron più della Le Pen - accetteranno per gli accordi di desistenza di votare un candidato di Ensemble, ovvero degli affamatori, secondo loro, del popolo? E, ancora, i moderati sostenitori del presidente della Repubblica, accetteranno di indicare un esponente della sinistra contraria all’Unione Europea, alla NATO, favorevole ad Hamas, pur di fermare l’onda di destra? Fino a che punto voteranno turandosi a vicenda il naso? Oppure rimarranno semplicemente a casa? Se il Rassemblement National non dovesse ottenere i 289 seggi necessari per avere la maggioranza assoluta potrebbe pescare tra qualche esponente moderato, come ha fatto con Eric Ciotti, ancora formalmente a capo dei Républicain, ex gollisti, che lo hanno scomunicato. Ulteriore paradosso è che apparirebbe più ingovernabile una Francia con un parlamento bloccato che con una coabitazione forzata tra Macron e Bardella. La grandi coalizioni, all’italiana o alla tedesca, non fanno parte della tradizione della Quinta Repubblica. Tantomeno i governi tecnici. Ma che cosa c’è di più eterogeneo del barrage anti Le Pen?

I leader del Rassemblement National  appaiono in queste ore impegnati a non spaventare troppo i moderati e i mercati finanziari (che ieri hanno reagito bene). Bardella insiste nel dire che difenderà i diritti di ognuno, lasciando sullo sfondo l’odiosa discriminazione verso le doppie nazionalità e la controriforma delle pensioni. Marine Le Pen rivolge l’accusa (fondata) di antisemitismo all’estrema sinistra del Front Populaire, cercando di rendere meno riconoscibili le radici razziste - per non dire peggio - del suo movimento. È l’ora delle buone maniere, degli aggettivi edulcorati ma anche dell’affermazione orgogliosa di aver portato alla soglia del potere una parte del Paese che si sente esclusa e discriminata. La France d’en bas contro la Parigi delle élites. La rabbia dei gilets jaunes contro i circoli dei privilegiati e predestinati. Curiosamente stiamo parlando dello stesso popolo che vorrebbe rappresentare Mélenchon. Il leader radicale e socialista che oggi accetta di schierarsi, seppur indirettamente, con l’ipercapitalista Macron, a sua volta risoluto a costruire un argine alla destra, costi quel che costi. Ognuno è costretto a scegliere il suo peggior alleato per combattere quello che è ritenuto il male maggiore. Non invidiamo i nostri amici francesi, davanti a scelte così drammatiche, se non infernali.