HC Lugano, il prezzo lo pagano gli altri
L’ennesima rivoluzione bianconera è dunque servita. Exit Luca Gianinazzi ed i suoi assistenti, exit il direttore sportivo Hnat Domenichelli. Il Lugano, ancora una volta, riparte da zero. Senza peraltro ancora sapere – piccolo dettaglio – da chi intende ripartire. La decisione era ormai inevitabile, dopo quasi quattro mesi di un calvario senza fine. Anzi, è arrivata con colpevole ritardo. E a pagare il prezzo più alto di questi tentennamenti è proprio il Giana. Confrontato ad una situazione più grande di lui e gravemente penalizzato da una mancanza di esperienza a questi livelli, nel primo vero momento difficile della sua carriera il giovane tecnico ticinese è andato vieppiù in confusione. Anche lui ne ha insomma combinate di cotte e di crude, ma non si può scalare l’Everest senza aver prima domato vette più dolci.
La responsabilità principale è allora di chi ha pensato bene di portare un cambio di mentalità rispetto al passato affidando le sorti di una delle società sportive più ingestibili della Svizzera a un ragazzo gettato dall’aereo bianconero senza paracadute. Fanno purtroppo a pugni con la realtà, i «ci dispiace molto» pronunciati oggi dai vertici bianconeri. Che per orgoglio personale non hanno voluto guardare in faccia la realtà e hanno così bruciato – sì, bruciato – la carriera di un tecnico promettente, cresciuto in casa, serio e pieno di buona volontà. Bisognava pensarci prima, quando tutti avevano già capito come sarebbe andata a finire. Un tecnico che oggi si ritrova senza lavoro, mentre chi da anni non riesce a dare un senso logico ad un progetto che di fatto non esiste, si trova ancora comodamente seduto nella stanza dei bottoni. Complimenti vivissimi. Un Gianinazzi, al contrario di ciò che asserisce la dirigenza, lasciato totalmente solo anche nei rapporti verso l’esterno: guarda caso, solo dopo il successo nell’ultimo derby i vertici del club si erano ripresentati davanti a telecamere e taccuini. Con un sorriso che nemmeno la vittoria contro l’Ambrì Piotta poteva minimamente giustificare. Domenichelli, dal canto suo, non vedeva l’ora di levare le tende. Sì, il Giana è davvero stato il suo ultimo allenatore e come il coach anche l’ormai ex direttore sportivo paga rapporti di forza (o di convenienza…) ai piani alti che vanno ben al di là dei tanti – troppi – acquisti totalmente sbagliati.
Quello del Lugano non è insomma un fallimento sportivo, legato a risultati non all’altezza del blasone e delle ambizioni del club. No, è un fallimento a livello di strategia, di politica, di visione e di comunicazione da parte della società. Ed è ben più grave. Anzi gravissimo. Alla Cornèr Arena passano gli allenatori, i direttori sportivi e i giocatori, ma i problemi rimangono gli stessi. Anzi, peggiorano, in quella che può essere considerata la stagione bianconera più disastrata dell’era playoff. Una ragione ci sarà pure, no? In questo senso anche nella conferenza stampa che ha ufficializzato le separazioni da Gianinazzi e Domenichelli, l’attuale dirigenza ha evidenziato un’inadeguatezza e una lontananza dalla realtà che non possono non preoccupare per le future sfide alle quali sarà confrontato il Lugano in un panorama hockeistico nazionale sempre più complesso.
L’autocritica, come sempre, è rimandata a fine stagione. Troppo facile e poco corretto nei confronti del popolo bianconero e degli sponsor. E l’unico mea culpa del CEO Marco Werder – «Abbiamo spinto i giocatori ad andare fin troppo d’accordo tra di loro» – fa decisamente sorridere. Alla Cornèr Arena per ora si difende ad oltranza la scelta Gianinazzi: si preferisce puntare il dito su una piazza troppo esigente, sui media, sugli infortuni, sul fatto che comunque il Lugano non faccia i playout dal lontano 2011. Una forma mentis che non porta da nessuna parte. E che apre un quesito fondamentale sulla gestione di un club che non riesce a liberarsi – o a staccarsi – da un tipo di organizzazione e di filosofia ormai anacronistiche. Servirebbe un cambio di mentalità – come si è fatto a poche centinaia di metri di distanza, a Cornaredo – per aprirsi a nuove idee, a nuove prospettive, a nuovi attori in grado di portare impulsi diversi. Ma bisogna volerlo per davvero. Altrimenti arriveranno un nuovo allenatore, un nuovo direttore sportivo e altri giocatori, ma la sostanza non cambierà. Fino al prossimo esonero, fino alla prossima conferenza stampa.