L'editoriale

I calcoli di Macron e l'incubo di instabilità

L’inarrestabile degrado delle periferie, il rallentamento economico, le difficoltà nell’accesso alle cure mediche, la crescente criminalità legata al narcotraffico e la riduzione del potere d’acquisto di molte famiglie sono solo alcune delle grandi preoccupazioni che turbano il sonno di tanti francesi
Osvaldo Migotto
09.07.2024 06:00

In Francia, come ricorda il quotidiano francese «Le Monde», dal 1816 si contano solo 19 scioglimenti anticipati dell’Assemblea nazionale. Il presidente Macron ha voluto avvalersi di tale strumento, previsto dalla Costituzione, dopo la cocente sconfitta registrata dalla sua maggioranza nelle elezioni europee dello scorso 9 giugno. La mossa azzardata dell’inquilino dell’Eliseo ha permesso di ridimensionare le ambizioni dell’estrema destra guidata dall’intramontabile Marine Le Pen, ma ha pure sortito un effetto indesiderato, ossia l’ascesa del Nuovo Fronte Popolare (NFP).

L’alleanza di sinistra formatasi in vista delle elezioni anticipate indette dal presidente francese ha infatti ottenuto a sorpresa il più elevato numero di seggi alla Camera bassa, senza però raggiungere la maggioranza assoluta. Al secondo posto troviamo il partito di Macron «Renaissance» che può contare sul sostegno di alcune formazioni politiche moderate. Tuttavia in vista delle elezioni anticipate il fronte macroniano si è mostrato tutt’altro che compatto, con ministri che hanno assunto posizioni in forte contrasto su come affrontare la difficile sfida politica.

A rendere la situazione politica francese ancora più instabile vi è ora la frammentazione dell’Assemblea nazionale. La stessa formazione politica che ha ottenuto la maggioranza relativa, il Nuovo Fronte Popolare, è un’alleanza tra schieramenti di sinistra non molto omogenea. I socialisti hanno già fatto sapere che non vogliono come premier Mélenchon (il leader del movimento di estrema sinistra La France Insoumise) in quanto reputano tale politico troppo radicale e quindi incapace di giungere a dei compromessi.

Compromessi che, vista la frammentazione della nuova Assemblea nazionale appena uscita dalle urne, rappresentano un must per evitare che la Francia finisca nel caos senza un Governo stabile in grado di affrontare le numerose sfide venutesi a creare in questi ultimi anni in un Paese dove il malcontento in più di un’occasione è sfociato in violente proteste di piazza. Il partito della Le Pen, come altre formazioni politiche di estrema destra europee, ha incentrato buona parte della campagna elettorale sull’emergenza migranti e sull’insicurezza, ma la Francia di questi tempi ha molti altri problemi da affrontare.

L’inarrestabile degrado delle periferie, il rallentamento economico, le difficoltà nell’accesso alle cure mediche, la crescente criminalità legata al narcotraffico e la riduzione del potere d’acquisto di molte famiglie sono solo alcune delle grandi preoccupazioni che turbano il sonno di tanti francesi. Macron, con la sua mossa a sorpresa, è riuscito sì a rallentare l’ascesa del Rassemblement National, ma ora si ritrova con una «macchina politica» molto difficile da gestire. La grande sfida sarà quella di trovare un premier in grado di ottenere l’appoggio di una maggioranza stabile e, soprattutto, abile nel gestire una coalizione tutt’altro che omogenea. L’era dei diktat macroniani è ormai al tramonto, si apre ora una fase politica molto più difficile nella quale la parola compromesso sarà all’ordine del giorno. Sempre che ciò sia veramente possibile.

Di fronte a una situazione tanto complessa, per il momento il capo di Stato francese prende tempo e si è limitato a respingere le dimissioni presentate dal primo ministro uscente Gabriel Attal, chiedendogli di continuare a gestire gli affari correnti in attesa della formazione di un nuovo Esecutivo. La strada appare però tutta in salita con il rischio di una serie di veti incrociati da parte dei numerosi politici che per forza maggiore dovranno essere coinvolti nelle trattative per la formazione di una nuova maggioranza.