L'editoriale

Il dialogo possibile dalle ruspe alla Gerra

Qualcosa, a due anni dalla demolizione dell'ex Macello, forse sta cambiando: basti pensare alla manifestazione di sabato scorso
Bruno Costantini
14.06.2023 06:00

L’attuale legislatura breve a Lugano è iniziata nel peggiore dei modi. La «notte delle ruspe» che tra il 29 e il 30 maggio 2021 ha portato all’abbattimento, pare per un grottesco equivoco di comunicazione tra polizie, dello stabile occupato dal Centro sociale autogestito all’ex Macello, rimane un episodio che ha segnato la vita della città e forse anche del Ticino per gli aspetti istituzionali, legali e simbolici che ha toccato. Se l’improvvisa morte del sindaco Marco Borradori un paio di mesi dopo, l’11 agosto, ha in parte indotto a contenere l’invelenimento del clima politico di quel periodo, la questione dell’autogestione - concetto abbastanza sfuggente - è rimasta aperta, con contrapposte sensibilità nella politica e nella società. Tra i «molinari» che negli anni hanno esasperato il clima cercando costantemente lo scontro diretto e un Municipio a cui è sfuggito di mano il primo e muscoloso atto politico della legislatura, pur senza inciampare in sanzioni di natura penale, le macerie lasciate non sono facili da rimuovere su un tema già di suo divisivo, non solo in Ticino.

È possibile voltare pagina per non restare al muro contro muro che non serve a nessuno, né a chi rivendica spazi per la cultura indipendente, se davvero questo è l’obiettivo, né all’autorità di una città dalle grandi ambizioni che non potrà fare a meno di affrontare questioni tipiche di un contesto urbano che oltretutto non vuole diventare un luogo per vecchi?

Qualcosa, a due anni dalla «notte delle ruspe», forse sta cambiando. La manifestazione di sabato scorso per le vie cittadine promossa dall’«Assemblea popolare» ha raggruppato un insieme di realtà con il sostegno trasversale di persone di estrazione diversa. Non è stata la sfilata con relative derive degli ideologi squinternati del Centro sociale antagonista a cui il dialogo non interessa perché sarebbe la negazione della propria ragione d’esistere. La richiesta di spazi pubblici (e privati) dove produrre e presentare espressione culturali fuori dai canoni istituzionali è parsa sincera e non un’adesione nostalgica alla causa «molinara» che preferirebbe sassaiole e occupazioni; d’altra parte, si fonda sull’esperienza dello scorso inverno sostenuta anche dalla Città della Straordinaria-Tour Vagabonde alla Gerra da cui è nato un manifesto attualmente in consultazione per riconoscere la cultura indipendente e trovare spazi adeguati. Questa è comunque una prima, importante base per creare un dialogo che è stato impossibile con i «molinari» dell’ex Macello anonimi e contraddittori nel pretendere di tutto e di più da uno Stato che non riconoscono e che anzi vorrebbero abbattere.

Il vicesindaco e capo del Dicastero cultura, sport ed eventi Roberto Badaracco ha intelligentemente colto l’opportunità del momento per finalmente avviare il dialogo e poi portare anche all’interno del Municipio e della politica luganese lo sviluppo positivo del clima se questo dovesse essere confermato. Trovare un punto d’incontro tra richieste di spazi dove liberamente dar sfogo alla creatività e rispetto di un minimo di regole alla base della convivenza civile all’interno della comunità dovrebbe poter essere possibile se tutte le parti vogliono trovare un accordo per uscire dall’attuale impasse, senza replicare l’ambigua situazione del passato di una zona franca marcita al di fuori delle leggi che ha portato alle degenerazioni che abbiamo conosciuto. A poco meno di un anno dal prossimo rinnovo dei poteri comunali s’intravvede la possibilità, ancora tutta da costruire e non priva di ostacoli, di concludere la legislatura di Lugano meglio di quanto sia iniziata.